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CORTE DI CASSAZIONE

I giornalisti potranno lavorare fino a 70 anni? La decisione passa alle Sezioni Unite

Le problematiche applicative del decreto c.d. Salva Italia relative al proseguimento dell'attività lavorativa fino al 70° anno di età sono all’'esame del Primo Presidente della Corte.

Le Sezioni Unite della Cassazione potranno essere chiamate a decidere su una questione giuslavoristica, in particolare dovranno pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 24, comma 4, della legge n. 214/2011 (il cosiddetto Salva Italia del Governo Monti) alla categoria dei giornalisti.

La norma dispone che la pensione di vecchiaia si può “conseguire all’età in cui operano i requisiti minimi previsti” dalla normativa del c.d. Salva Italia questa disciplina riguarda i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria e delle forme esclusive e sostitutive  della  medesima,  nonché  della gestione separata (di cui all'articolo 2,  comma  26,  della  legge  8 agosto 1995, n. 335).

Ed inoltre che “il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i  limiti  ordinamentali  dei  rispettivi  settori  di appartenenza,  dall'operare  dei   coefficienti   di   trasformazione calcolati fino all'età di settant'anni, fatti salvi gli  adeguamenti alla  speranza  di  vita (come   previsti   dall'articolo   12   del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122  e  successive  modificazioni  e integrazioni). Nei confronti dei  lavoratori  dipendenti,  l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera  fino  al  conseguimento  del predetto limite massimo di flessibilità.” 

Nella vicenda in esame, la sentenza della Corte d’Appello aveva reintegrato un redattore della RAI, licenziato nel marzo 2012 “a seguito del conseguimento dei requisiti assicurativi e contributivi per la maturazione della pensione di vecchiaia”.

Per i giudici di merito infatti la “norma invocata (l’art. 24, c.4, d.l. 214/2011) dal dipendente RAI per il suo trattenimento in servizio fino al settantesimo anno d’età trova applicazione anche nei confronti degli iscritti all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI)”.

In riferimento al ricorso per Cassazione proposto dalla RAI, la Sezione Lavoro ha valutato le eccezioni mosse dalla ricorrente e in particolare ha analizzato il ruolo dell’Istituto Previdenziale dei Giornalisti Italiani.

In definitiva, precisa la Cassazione che “l’estrema delicatezza e la particolare importanza della questione fin qui esaminata risiedono proprio nel fatto che qualsiasi soluzione venga adottata si finisce inevitabilmente per incidere sull’assetto degli equilibri del sistema pensionistico di una determinata categoria con ripercussioni a catena sul sistema contributivo, ipotizzato dalla normativa invocata, o su quello retributivo, applicato nella fattispecie fino al momento del licenziamento, ragion per cui si ritiene doveroso sottoporre la presente vertenza all’esame del Primo Presidente della Corte affinché valuti l’opportunità di assegnarla alle Sezioni Unite di questa Corte”. 

Fonte: Corte di Cassazione

Gianmarco Sadutto

(6 novembre 2014)

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