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Riforma

La class action è legge

Il Senato ha approvato in via definitiva il provvedimento che si compone di 7 articoli. La sintesi e la nota esplicativa.

L’Aula del Senato ha approvato in via definitiva il ddl sulla class action con 206 sì.
Il provvedimento è composto da 7 articoli attraverso i quali riforma l’istituto dell’azione di classe, attualmente previsto dal Codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005), riconducendone la disciplina al codice di procedura civile.

In sintesi, il provvedimento prevede:
– lo spostamento della disciplina dell’azione di classe dal codice del consumo al codice di procedura civile, nel nuovo Titolo VIII-bis (articoli da 840-bis a 840-sexiesdecies);
– il passaggio di competenza dal tribunale alla sezione specializzata in materia di impresa dei tribunali (e delle Corti di Appello);
– l’ampliamento delle situazioni giuridiche tutelate e degli strumenti di tutela, con la previsione di un’azione inibitoria collettiva verso gli autori delle condotte lesive;
– l’articolazione della class Action in tre fasi: la prima e la seconda relative, rispettivamente, all’ammissibilità dell’azione e alla decisione sul merito, e l’ultima relativa alla liquidazione delle somme dovute agli aderenti all’azione;
– la disciplina dell’adesione all’azione di classe, consentita sia prima che dopo la sentenza che accoglie l’azione;
– la disciplina del compenso per i rappresentanti della classe ed i difensori, in caso di accoglimento della domanda, col riconoscimento della cosiddetta quota lite;
– l’ampio ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a fini di pubblicità della procedura.

Passa inoltre il principio della irretroattività che blocca il meccanismo, previsto inizialmente nel testo della proposta di legge, che la class action possa essere chiesta anche contro eventi accaduti prima dell’entrata in vigore della legge.

 

 

Nota esplicativa:

Il contenuto del disegno di legge

L'articolo 1 della proposta di legge introduce nel codice di rito un nuovo titolo VIII-bis "Dei procedimenti collettivi", composto da 15 nuovi articoli (dall' articolo 840-bis all' articolo 840-sexiesdecies). Il nuovo titolo è inserito alla fine del libro IV dedicato ai procedimenti speciali. 

Nel dettaglio, l'articolo 840-bis c.p.c. amplia l'ambito d'applicazione soggettivo e oggettivo dell'azione di classe. 

Eliminando anzitutto - data la nuova collocazione della disciplina, sottratta al Codice del consumo - ogni riferimento a consumatori e utenti, l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di "diritti individuali omogenei" (ma non ad "interessi collettivi"); l'azione sarà quindi nella titolarità di ciascun componente della "classe", nonché delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come scopo la tutela dei suddetti diritti, e che sono iscritte in un elenco tenuto dal Ministero della giustizia (per i profili attuativi si veda l'articolo 2 del disegno di legge).

Viene, poi, ampliato l'ambito di applicazione oggettivo dell'azione, che è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. 

Il testo individua come destinatari dell'azione di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività. 

Se viene presentata un'azione di classe: 

  • il diritto all'azione individuale presenta i limiti indicati dal successivo articolo 840-undecies, nono comma, c.p.c.; 
  • non è ammesso l'intervento di terzo; 
  • sono sempre possibili, anche durante lo svolgimento della procedura, transazioni tra le parti e gli aderenti all'azione. L'articolo 840-bis, in proposito, stabilisce che la rinuncia al diritto fatto valere in giudizio o la transazione conclusa tra le parti non pregiudica i diritti di quanti abbiano aderito all'azione nella fase iniziale; questi ultimi, anche se le parti venissero meno, hanno infatti la possibilità di riassumere la causa entro un termine (non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni) assegnato dal tribunale. Se il termine decorre inutilmente, il tribunale dichiara l'estinzione del procedimento e i soggetti aderenti potranno eventualmente agire individualmente ovvero avviare una nuova azione di classe. 

L'articolo 840-ter c.p.c. disciplina la forma della domanda e il giudizio di ammissibilità. In primo luogo, il giudice competente a conoscere l'azione di classe è individuato nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (cd. tribunale delle imprese), del luogo ove ha sede la parte resistente. 

La domanda si propone con ricorso e al procedimento si applica il rito sommario di cognizione. Peraltro non può essere disposto in nessun caso il mutamento del rito. Per garantire idonea pubblicità alla procedura, il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere pubblicato su un apposito portale del Ministero della giustizia. 

La riforma fissa in 30 giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere sull'ammissibilità dell'azione e la decisione assume la forma dell'ordinanza; anch'essa va pubblicata entro 15 giorni sul citato portale. Il Tribunale può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un'istruttoria davanti ad un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al Giudice amministrativo. 

La disposizione precisa che restano ferme le disposizioni del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 3 recante "Attuazione della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea". 

Il decreto legislativo in questione, all'articolo 18, con riguardo al private enforcement del diritto antitrust, prevede la competenza inderogabile a trattare questo genere di questioni di sole 3 sezioni specializzate: Milano (Nord Italia), Roma (Centro Italia) e Napoli (Sud Italia). Tale competenza vale anche per le azioni di classe basate su violazioni antitrust espressamente richiamate dal decreto legislativo. 

L'azione di classe è inammissibile quando: 

  • è manifestamente infondata. In questo caso, il ricorrente può riproporre l'azione di classe in presenza di circostanze diverse o nuove ragioni di fatto o di diritto; 
  • è carente del requisito dell'omogeneità dei diritti oggetto di tutela. 
  • il ricorrente versa in conflitto di interessi nei confronti del resistente; 
  • è proposta da un ricorrente che non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio. 

I casi di inammissibilità previsti dal disegno di legge ripropongono quelli già contemplati dalla legislazione vigente. 

L'ordinanza che decide sull'ammissibilità è reclamabile entro 30 giorni in Corte d'appello, che decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro 30 giorni. In caso di accertamento sull'ammissibilità della domanda, la corte d'appello trasmette gli atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa. Il reclamo alla corte d'appello avverso le ordinanze che ammettono l'azione non produce effetti sospensivi del procedimento davanti al tribunale. 

L'articolo 840-quater c.p.c. disciplina l'eventuale pluralità di azioni di classe aventi il medesimo oggetto. La disposizione prevede che decorsi 60 giorni dalla pubblicazione del ricorso sul portale, non possono essere presentate ulteriori azioni di classe basate sui medesimi fatti e rivolte nei confronti del medesimo resistente, pena la cancellazione dal ruolo e la non riassunzione. Nel caso di azioni di classe proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine dei 60 giorni sono riunite all'azione principale. 

Il divieto non opera se l'azione di classe originaria è dichiarata inammissibile o è definita con provvedimento che non decide nel merito. La riforma fa salva la proponibilità di azioni di classe a tutela di diritti che non potevano essere fatti valere alla scadenza del suddetto termine di 60 giorni.

In proposito è opportuno rilevare come l’articolo 840-quater c.p.c. non sembri disciplinare in modo compiuto il tema della proponibilità di due azioni di classe da parte di due classi di soggetti diversi tra loro, si pensi al caso di azioni proposte da consumatori tabagisti e da congiunti per il danno da fumo passivo. 

Gli articoli 840-quinquies e 840-sexies c.p.c. disciplinano il procedimento e la sentenza che accoglie l'azione di classe. In tale ambito, assumono fondamentale rilievo le nuove modalità di adesione all'azione, che attualmente il codice del consumo prevede come possibile solo dopo l'ordinanza che ammette l'azione, ma non a seguito della sentenza di merito. 

La riforma prevede che l'adesione possa avvenire in due distinti momenti: 

• nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che ammette l'azione (articolo 840-quinquies). In questo caso, è lo stesso tribunale, nell'ordinanza di ammissibilità, a fissare un termine per l'adesione (non inferiore a 60 e non superiore a 150 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza) ed a definire i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe. Coloro che aderiscono in questa fase, pur non assumendo la qualità di parte, possono ricevere tutte le informazioni dalla cancelleria e possono, al venir meno delle parti, riassumere il procedimento; l'effettivo diritto ad aderire all'azione di classe è verificato solo dopo la sentenza di merito; 

• nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio (articolo 840-sexies). Il tribunale, con la sentenza che accoglie l'azione, assegna un termine (non inferiore a 60 e non superiore a 150 giorni) per l'adesione. 

Quanto all'istruzione della causa, l'art. 840-quinquies definisce le modalità di ammissione ed esibizione delle prove, prevedendo che il giudice civile possa applicare sanzioni amministrative pecuniarie (da 10.000 a 100.000 euro) sia alla parte che rifiuta senza giustificato motivo di esibire le prove, sia alla parte o al terzo che distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio; la sanzione è devoluta alla Cassa delle ammende. 

Si tratta di una possibilità già prevista nel nostro ordinamento dall'art. 6 del d.lgs. n. 3 del 2017, la cui formulazione è sostanzialmente riproposta, nonché dall'art. 709-ter del codice di procedura civile. 

La sentenza emessa dal tribunale delle imprese, che accoglie l'azione di classe (art. 840-sexies), ha natura di accertamento della responsabilità del resistente, definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe, individuando la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti. Con la sentenza, inoltre, il tribunale provvede in ordine alle domande risarcitorie e restitutorie solo se l'azione è proposta da un soggetto diverso da un'organizzazione o da un'associazione. Con la sentenza - che determina l'importo che ogni aderente deve versare a titolo di fondo spese - vengono inoltre nominati: un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione (e decidere sulle liquidazioni), un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare). 

Le modalità di adesione sono indicate dal successivo art. 840-septies c.p.c. che delinea una procedura informatizzata nell'ambito del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia. 

La domanda di adesione va inviata mediante posta elettronica certificata (PEC) o servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERC) e non richiede l'assistenza del difensore; tra i suoi contenuti obbligatori, oltre ai dati identificativi dell'aderente, l'oggetto della domanda, le sue ragioni, e gli eventuali documenti probatori, è previsto il conferimento del potere di rappresentanza al rappresentante comune degli aderenti. 

La fase successiva dell'azione di classe - nella quale il giudice delegato accoglie le domande di adesione e condanna con decreto il resistente al pagamento delle somme dovute - è disciplinata dall'art. 840-octies c.p.c. 

Si tratta di una fase introdotta dalla riforma: il Codice del consumo, infatti, prevede attualmente che sia direttamente il tribunale, con la sentenza di condanna, a liquidare in via equitativa le somme dovute agli aderenti all'azione oppure a stabilire un criterio omogeneo di calcolo per la loro liquidazione; solo in quest'ultimo caso, se non vi è accordo sul quantum del risarcimento il giudice, su istanza di almeno una parte, liquida le somme dovute ai singoli aderenti. 

L'art. 840-octies delinea il seguente procedimento: 

• entro 120 giorni dallo spirare del termine per aderire all'azione, e dunque dopo la presentazione delle domande di adesione, il resistente ha la possibilità di prendere posizione su ciascuna domanda depositando memoria difensiva. I fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente contestati dal resistente nei termini si danno per ammessi; 

• entro i successivi 90 giorni, il rappresentante comune degli aderenti predispone e deposita un progetto dei diritti individuali omogenei prendendo posizione su ciascuna domanda individuale; il progetto è comunicato agli aderenti e al resistente. Per la valutazione dei fatti dedotti da ciascuno degli aderenti, il rappresentante comune può chiedere eventualmente al tribunale la nomina di esperti; 

• entro 30 giorni dalla comunicazione del progetto gli aderenti possono depositare ulteriore documentazione e osservazioni; 

• il giudice delegato decide, infine, con decreto motivato, sull'accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Il decreto del giudice costituisce titolo esecutivo ed è comunicato agli aderenti, al resistente, al rappresentante comune e all'avvocato difensore dell'attore. A favore del difensore di cui l'aderente si sia avvalso è dovuto un compenso che sarà determinato con decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi nel rispetto delle procedure previste dalla legge n. 247 del 2012, di riforma della professione forense. 

Se il resistente provvede spontaneamente al pagamento versa le somme dovute in un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune (art. 840-duodecies c.p.c.). 

Se, al contrario, il resistente non adempie, anche la procedura di esecuzione forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune (ai sensi dell'art. 840-terdecies c.p.c.). 

La chiusura della procedura di adesione all'azione avviene - con decreto motivato del giudice delegato, reclamabile - quando le ripartizioni agli aderenti effettuate dal rappresentante comune, raggiungono l'intero ammontare dei crediti dei medesimi aderenti; quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi che è necessario sostenere (art. 840-quinquiesdecies c.p.c.). 

L'articolo 840-novies c.p.c. disciplina il compenso derivante dalla cd. quota lite, cioè una somma che, a seguito del decreto del giudice delegato, il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente. Si tratta di un compenso ulteriore, quindi, rispetto alla somma che il resistente dovrà pagare a ciascun aderente come risarcimento. 

Tale somma costituisce una percentuale dell'importo complessivo che il resistente dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura inversamente proporzionale (la percentuale scende all'aumentare del numero dei componenti), sulla base di sette scaglioni. Tali percentuali possono essere modificate con decreto del Ministro della giustizia. 

In proposito è opportuno rilevare come tale previsione sembrerebbe sostanziarsi in una delegificazione, per la quale non sono, però, dettati criteri direttivi. 

Anche l'autorità giudiziaria può aumentare o ridurre - in misura non superiore al 50% - l'ammontare del compenso liquidato sulla base dei seguenti criteri: della complessità dell'incarico, del ricorso all'opera di coadiutori, alla qualità dell'opera prestata, alla sollecitudine con cui sono state condotte le attività e al numero degli aderenti. 

Gli articoli 840-decies e 840-undecies c.p.c. riguardano le impugnazioni, rispettivamente, della sentenza che decide sull'azione di classe, e del decreto che liquida le somme dovute agli aderenti all'azione. 

L'art. 840-decies prevede la pubblicazione nell'area pubblica del portale telematico del ministero della giustizia sia degli atti di impugnazione della sentenza che accoglie l'azione di classe sia dei provvedimenti che decidono sulle impugnazioni. La sentenza può essere impugnata dagli aderenti per revocazione oltre che nei casi contemplati dall'articolo 395 c.p.c., anche quando la stessa sia ritenuta effetto della collusione tra le parti. In questo caso il termine per proporre revocazione decorre dalla scoperta della collusione. 

L'art. 840-undecies prevede l'impugnazione del decreto del giudice delegato di liquidazione delle somme dovute a ciascun aderente (ex art. 840-octies, comma quinto). Il gravame assume la forma del ricorso, che non sospende però l'esecuzione del decreto - salvo che il tribunale non disponga diversamente, in presenza di "gravi e fondati motivi". 

Il ricorso deve essere proposto entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento. Possono proporre ricorso il resistente, il rappresentante comune e gli avvocati che hanno diritto alla quota lite in base all'art. 840-novies; questi ultimi possono opporsi solo per motivi riguardanti i compensi e le spese liquidate. L'aderente può proporre impugnazione individuale a condizione che la domanda di adesione sia stata revocata prima che il decreto di liquidazione sia divenuto definitivo nei suoi confronti. 

La disposizione precisa i contenuti necessari del ricorso (indicazione del tribunale competente, generalità, esposizione dei fatti) e prevede che con decreto sia fissata l'udienza entro 40 giorni dal deposito; il tribunale decide con decreto motivato entro 30 giorni dall'udienza di comparizione delle parti confermando, modificando o revocando il decreto impugnato. 

L'art. 840-quaterdecies interviene su un altro aspetto non trattato dal Codice del consumo, disciplinando gli accordi transattivi tra le parti. 

In particolare, viene stabilito che: 

• fino alla discussione orale della causa, il tribunale può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti. Sia la proposta che l'eventuale accordo concluso, sono comunicati tramite PEC o SERC a ciascun aderente e pubblicati nell'area pubblica del portale telematico; l'adesione all'accordo è data accedendo al fascicolo informatico; 

• dopo la sentenza che accoglie l'azione, il rappresentante comune degli aderenti può stipulare con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità un analogo schema di accordo di natura transattiva. Lo schema è inserito nell'area pubblica del portale telematico e deve essere comunicato all'indirizzo PEC ovvero al servizio elettronico di recapito certificato indicato da ciascun aderente. Nei successivi 15 giorni ciascun aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate contestazioni allo schema di accordo. Nei confronti degli aderenti che non formulano contestazioni lo schema di accordo si considera non contestato. Nei successivi trenta giorni il giudice delegato, avuto riguardo agli interessi degli aderenti, può autorizzare il rappresentante comune a stipulare l'accordo transattivo. L'accordo transattivo stipulato dal rappresentante comune sulla base dell'autorizzazione giudiziale costituisce titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Analogo valore esecutivo ha l'accordo transattivo cui aderisca il ricorrente. 

La disposizione sugli accordi transattivi si applica anche quando l'azione è promossa da un'organizzazione o un'associazione e l'accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato l'accordo. 

Infine, in chiusura del nuovo titolo del codice di procedura civile dedicato ai procedimenti collettivi, l'art. 840-sexiesdecies c.p.c. disciplina l'azione inibitoria collettiva (con conseguente abrogazione degli articoli 139 e 140 del Codice del consumo, che ne dettano oggi la procedura). 

In base alla riforma, con l'azione inibitoria collettiva "chiunque abbia interesse" (nonché le organizzazioni e alle associazioni iscritte nell'elenco del Ministero della giustizia) può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità: la cessazione di un comportamento lesivo di una pluralità di individui ed enti commesso nello svolgimento delle rispettive attività; o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva. 

La competenza è attribuita alle sezioni specializzate per l'impresa e si prevede l'applicazione del rito camerale; la riforma consente l'adesione all'azione collettiva nelle forme del precedente art. 840-quinquies c.p.c. 

Nel procedimento il giudice, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni semplici, può ordinare, su richiesta di parte, alla parte soccombente, con la cessazione della condotta: 

• l'adozione delle misure più opportune per eliminarne gli effetti; previa istanza di parte,

• il pagamento di una penale in caso di ritardo nell'adempimento della sentenza (in base all'art. 614-bis c.p.c.); 

• di dare diffusione al provvedimento, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati. 

Se l'azione inibitoria è proposta congiuntamente all'azione di classe si prevede che il giudice disponga la separazione delle cause.

L'articolo 2 interviene sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile introducendovi un apposito titolo V-bis, formato dagli articoli 196-bis e 196-ter

La prima delle due disposizioni disciplina le comunicazioni che devono essere effettuate dalla cancelleria della sezione specializzata e le attività che devono essere svolte dal portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. In particolare, si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche. Il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero invierà all'indirizzo di posta elettronica, ordinaria o certificata, ovvero al servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERC) di ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si è registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni relative agli atti per i quali le disposizioni dell'articolo 1 prevedono la pubblicazione. La richiesta può essere limitata alle azioni di classe relative a specifiche imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, anche prima della loro proposizione. 

L'articolo 196-ter invece demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi - entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della legge - di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, l'individuazione dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate all'azione di classe, nonché la determinazione del contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della stessa. Per quanto concerne il contributo la disposizione specifica che esso deve essere fissato in misura tale da consentire di far fronte alle spese di istituzione, sviluppo e di aggiornamento dell'elenco. Con riguardo ai requisiti essi devono comprendere la verifica delle finalità programmatiche, dell'adeguatezza a rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati e della stabilità e continuità delle associazioni e delle organizzazioni stesse, nonché la verifica delle fonti di finanziamento utilizzate. 

L'articolo 3 del disegno di legge modifica il Testo unico in materia di documentazione amministrativa (DPR 445/2000) per applicare le norme del codice penale anche alle attestazioni false rese nell'ambito della procedura di adesione all'azione di classe. Pertanto, l'articolo 76 del citato DPR sanzionerà anche chi - nel presentare la domanda di adesione all'azione di classe, rilascia dichiarazioni mendaci. 

L'articolo 4 concerne la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che all'attuazione delle disposizioni della legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 

L'articolo 5 della proposta di legge provvede, per coordinamento, all'abrogazione della disciplina dell'azione di classe attualmente contenuta nell'articolo 140-bis del Codice del consumo, unitamente alle procedure per la tutela inibitoria collettiva previste dagli articoli 139 e 140 dello stesso Codice. 

L'articolo 6 reca disposizioni di coordinamento. 

2. Quadro normativo 

Nell'ordinamento italiano l'azione di classe a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti (c.d. class action) è attualmente disciplinata dall'articolo 140-bis del Codice del consumo. 

L'azione di classe è attualmente così configurata: 

  • le finalità dell’istituto sono la tutela dei diritti individuali dei consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea (“diritti individuali omogenei”) nonché la tutela di interessi collettivi (comma 1); 
  • con l’azione si fa valere la violazione di diritti contrattuali (es. diritti fondati su un contratto sottoscritto per adesione da una pluralità di consumatori) o di diritti omogenei comunque spettanti al consumatore finale del prodotto (es. diritto al risarcimento danni da prodotto difettoso) o servizio (a prescindere da un rapporto contrattuale) o di diritti omogenei violati da comportamenti anticoncorrenziali o da pratiche commerciali scorrette (comma 2); 
  • l'oggetto dell'azione è l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori (comma 2); 
  • la legittimazione ad agire in giudizio viene riconosciuta ai singoli cittadini consumatori («ciascun componente della classe») anche mediante associazioni cui diano mandato o comitati cui partecipino (comma 1); 
  • è possibile per altri consumatori aderire all’azione di classe; l’adesione comporta la rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale. 

Il procedimento è scandito in due fasi: 

• la prima, volta alla pronuncia sull’ammissibilità dell’azione di classe; 

• la seconda, finalizzata invece alla decisione nel merito. In caso di accoglimento della domanda, il procedimento si conclude con la sentenza di condanna alla liquidazione in via equitativa delle somme dovute agli aderenti all’azione di classe o alla definizione di un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione. 

Analiticamente, la domanda si propone con atto di citazione al tribunale del capoluogo della Regione in cui ha sede l’impresa. La competenza è attribuita al tribunale in composizione collegiale con il possibile intervento anche del PM, ma solo per il giudizio di ammissibilità dell'azione (commi 4 e 5)(1) . 

Si apre a questo punto la prima fase del procedimento, dedicata ad un’udienza filtro per la pronuncia sull'ammissibilità dell'azione di classe. Il tribunale si pronuncia (con ordinanza) all'esito della prima udienza (a meno che non sia necessario disporre una sospensione del giudizio per attendere la pronuncia di un'autorità indipendente o del giudice amministrativo). 

La domanda è dichiarata inammissibile quando (comma 6): 

  • è manifestamente infondata; 
  • sussiste un conflitto di interessi; 
  • il giudice non ravvisa l'omogeneità dei diritti individuali tutelabili; 
  • il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe. 

Se il tribunale non ammette l’azione, deve comunque regolare le spese e ordinare la pubblicità dell’ordinanza di inammissibilità a cura e a spese del soccombente (comma 8). 

Se il tribunale ammette l’azione, regola le spese, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente. L’ordinanza è reclamabile entro 30 giorni in corte d’appello che, a sua volta, decide entro 40 giorni dal deposito del ricorso con ordinanza camerale (comma 7). Il reclamo non ha, tuttavia, effetti sospensivi del procedimento davanti al tribunale. 

Con l’ordinanza che ammette l’azione, il Tribunale deve (comma 9): 

• definire i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione; 

• fissare termini e modalità della più opportuna pubblicità dell'azione, per consentire l'adesione degli appartenenti alla classe (l’esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda), possibile senza ministero di un difensore. Copia dell’ordinanza di ammissibilità dell’azione deve essere trasmessa al Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet; 

• fissare un termine perentorio, non superiore a 120 giorni dall'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione devono essere depositati in cancelleria, anche a mezzo dell’attore, e anche tramite PEC o fax; gli atti devono contenere l’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere; la documentazione probatoria. Dopo la scadenza del termine non saranno più proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa; saranno possibili solo ricorsi individuali da parte di coloro che non abbiano aderito all'azione collettiva. 

Si apre dunque la seconda fase nella quale il Tribunale definisce il procedimento nel merito, eventualmente condannando l’impresa soccombente alla liquidazione del danno. In merito il tribunale può (comma 12): 

• ordinare all’impresa il pagamento, in via equitativa, delle somme dovute a coloro che hanno aderito all’azione oppure; 

• definire un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione assegnando alle parti un termine di 90 giorni per raggiungere un accordo sull'entità del risarcimento. In tale caso, il verbale di accordo, sottoscritto dalle parti e dal giudice, costituisce titolo esecutivo; in mancanza di accordo, su istanza di parte, è invece il giudice che liquida le somme dovute agli aderenti all'azione. 

La sentenza che definisce il giudizio diviene esecutiva decorsi 180 giorni dalla pubblicazione; fa stato per tutti gli aderenti all’azione e rende improponibile per i medesimi fatti e nei confronti degli stessi soggetti una nuova azione di classe. In caso di proposizione di appello, l’appellante può chiedere la sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado (comma 13). La decisione sull’azione collettiva non limita comunque il diritto all’azione individuale per chiunque non abbia aderito all’azione di classe (comma 14). 

3. L'esame in Commissione

Le Commissioni riunite 2ª e 10ª hanno avviato, il 21 novembre 2018, l'esame congiunto, in sede redigente, dei disegni di legge n. 844, di iniziativa dell'on. Salafia e altri (già approvato dalla Camera dei deputati) e n. 583 della sen. Riccardi (M5S). 

Successivamente il 29 novembre 2018 su richiesta di 1/5 dei componenti, è stata disposta la rimessione all'Assemblea dei disegni di legge in titolo, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, del Regolamento. Acquisite le fasi procedurali già svolte in sede redigente, le Commissioni riunite hanno adottato il disegno di legge già esaminato dalla Camera come testo base. 

L'iter in Commissione si è concluso il 13 marzo 2019 con il conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente in Assemblea sul provvedimento nel testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento; nessuna delle proposte emendative presentate al testo unificato è stata infatti approvata.   a cura di Carmen Andreuccioli

 

Per approfondirevai al Dossier del Servizio Studi del Senato

 

Fonte: Ministero della Giustizia e Senato

La Direzione

(3 aprile 2019)

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Prof. Enrico Michetti
Enrico Michetti
 

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