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Il primo Bilancio del semestre di Presidenza della Ue

Al termine del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea viene tracciato un primo bilancio sui risultati raggiunti.

Al termine della presidenza di turno semestrale del Consiglio dell'Unione Europea, il MEF ha pubblicato i risultati del primo bilancio a fronte dei commenti da parte degli osservatori, che spesso sono stati improntati a giudizi negativi.

I giudizi, precisa il MEF, dipendono ovviamente dalla capacità di rilevare i fatti accaduti nella seconda metà del 2014, ma anche dalle aspettative e dalla conoscenza della realtà comunitaria: chi pensasse che la presidenza di turno del Consiglio coincidesse con una dittatura di un governo sugli altri e quindi con la facoltà di cambiare regole e programmi dalla sera alla mattina sarebbe fuori strada. L'Unione Europea è una comunità di 28 Stati, governata attraverso il confronto tra 28 governi, ciascuno dei quali ha visioni e priorità che possono convergere o distinguersi su molti aspetti. Ogni variazione delle politiche d'insieme viene costruita attraverso un confronto serrato in sede tecnica e in sede politica, e matura nel tempo fino a trasformarsi in indicazioni di policy condivise con la Commissione, che ha il compito di renderle operative.

Una governance articolata, senza dubbio. Può essere considerata più o meno adeguata ai tempi e ai problemi che affrontiamo ma è questa, e uno Stato pragmatico ed efficace tiene conto della natura delle istituzioni in cui interviene, dei limiti, dei vincoli e delle opportunità. Per esempio con una preparazione seria dei dossier in discussione e lo sforzo consapevole per conseguire risultati concreti nelle aree ritenute strategiche. L'Italia ha impostato una strategia per l'Europa concentrata su tre pilastri: crescita e occupazione (e quindi investimenti), riforme strutturali, integrazione del mercato interno.

I fatti dicono che negli ultimi anni l'Unione Europea ha molto discusso di austerità, ha molto insistito sul consolidamento dei bilanci pubblici, ha avviato l'integrazione del mercato interno sul fronte bancario ma anche che su crescita, occupazione e investimenti non aveva proposto alcuna strategia comune. Fino a quando l'Italia non si è avvicinata alla presidenza del Consiglio dell'Unione preparando una serie di dossier capaci di produrre una significativa sterzata dell'attenzione dei leader europei. I fatti dimostrano che a settembre a Milano si è costituita una task force sugli investimenti, che a dicembre a Bruxelles la task force ha presentato un portafoglio di investimenti sui quali far convergere risorse nazionali e comuni, che la Commissione sta lavorando a un nuovo modo di vedere le politiche di bilancio, alla luce dei noti parametri ma anche delle politiche di riforma strutturale, in modo da favorire un incremento degli investimenti virtuosi.

Grazie al lavoro italiano maturano ormai le condizioni per una ripresa degli investimenti pubblici e privati in tutta l'Unione, mentre sul fronte delle riforme strutturali si comincia a rilevare la capacità della Commissione di apprezzare lo sforzo per le riforme dei governi e le conseguenze che queste hanno sulle finanze pubbliche. E sull'integrazione del mercato interno?

Su questo fronte l'Italia ha preparato accuratamente il dossier dell'Unione bancaria, conseguendo il completamento definitivo della normativa in questo campo, e i dossier fiscali, sui quali è opportuno fare un bilancio veritiero. In questa sede si propone un approfondimento sui dossier fiscali.

I dossier fiscali e il segreto bancario

Tra gli osservatori c'è chi ha scritto ripetutamente che la presidenza italiana del Consiglio Economia e Finanza dell'Unione europea avrebbe concesso al Lussemburgo di rinviare l'adozione dello scambio automatico di informazioni fiscali dal 2015 al 2017. Non sappiamo su quali basi si potesse ipotizzare il 2015 quale anno di partenza per le pratiche di scambio automatico di informazioni, dato che i circa 50 Paesi che adotteranno per primi il common reporting standard definito in ambito OCSE si sono accordati sulla data dell'1 gennaio 2017. Risultato al quale l'Italia ha contributo in modo determinante nel suo ruolo di partecipante al G5 insieme a Germania, Regno Unito, Spagna e Francia.

Se il riferimento è a dichiarazioni politiche lussemburghesi sulla "fine del segreto bancario dal 2015", va sottolineato che queste riguardavano presumibilmente le sole categorie della Direttiva risparmio 2003/48/UE, rivolta agli interessi (un campo di applicazione, pertanto, molto ridotto). Tale Direttiva verrà peraltro abrogata per lasciare il posto alla Direttiva 2011/16/UE come rivista all'ECOFIN il 14 ottobre 2014 (e a cui ha aderito anche il Granducato). Quest'ultima si estende a tutti i redditi finanziari definiti in modo molto ampio dal Common Reporting Standard (CRS) approvato in sede OCSE. In concreto, il Lussemburgo rileverà i dati degli investitori europei dal 1 gennaio 2015 e li scambierà nel 2016 sulla base della Direttiva Risparmio, mentre dal 1 gennaio 2016 rileverà i dati degli investitori europei sulla base della più stringente direttiva 2011/16/UE e li scambierà nel 2017.

Inoltre il Consiglio ECOFIN del 14 ottobre 2014 non ha concesso alcuna proroga all'Austria per tre anni sul calendario condiviso (2017), bensì per un solo anno (2018). Tale decisione è in linea con quanto stabilito a livello globale dal G20 (opzione per lo scambio automatico di informazioni dal 2017 o in alternativa dal 2018). L'Austria, peraltro, ha dichiarato di voler compiere sforzi per anticipare tale scadenza. È anche opportuno ricordare che la nuova direttiva costituisce un impegno legale per gli Stati membri dell'UE, Lussemburgo compreso, che soggiacciono a un regime ben più stringente di quello esistente in ambito OCSE, il cui mancato rispetto comporta conseguenze esclusivamente sul piano politico e reputazionale.

I fatti effettivamente accaduti

L'OCSE e il G20 hanno lavorato allo sviluppo di un Common Reporting Standard per lo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali. Nel marzo 2014, oltre 44 Paesi dell'OCSE tra cui 26 Stati membri dell'UE si sono impegnati ad essere tra i "pionieri" nell'adozione dello Common Reporting Standard che prevede lo scambio nel 2017 per i redditi sui conti risultanti esistenti al 31 dicembre 2015. Si tratta dello stan-dard mondiale più avanzato di cui vi sia conoscenza e copre una gamma di redditi finanziari senza precedenti.
La Presidenza italiana ha ottenuto l'accordo politico all'ECOFIN del 14 ottobre 2014 sull'incorporazione, nella legislazione comunitaria, del suddetto nuovo standard glo bale di scambio automatico, approvato solo tre mesi prima dall'OCSE (15 luglio), pertanto in tempi record.
La nuova direttiva dal punto di vista tecnico: l'ampio ventaglio di investitori soggetti a due diligence da parte degli intermediari nonchè dei conti oggetto di scambio contemplati dalla nuova Direttiva è inteso a limitare le opportunità per i contribuenti di nascondere le proprie attività finanziarie attraverso veicoli interposti o di investire in prodotti finanziari che esulano dal suo campo di applicazione. Solo un certo numero di istituzioni finanziarie e di conti che presentano un rischio ridotto di essere utilizzati a fini di evasione fiscale sono stati esclusi dal campo di applicazione della presente Direttiva. Inoltre la Direttiva non prevede soglie, in quanto tali soglie potrebbero essere facilmente eluse scindendo i conti tra diverse istituzioni finanziarie. Le informazioni finanziarie che devono essere comunicate e scambiate riguardano una gamma vastissima: non soltanto i redditi finanziari (interessi, dividendi e tipologie analoghe di redditi) ma anche i saldi contabili e i proventi delle vendite di attività finanziarie, al fine di far fronte a situazioni in cui un contribuente cerchi di occultare capitale costituito esso stesso da redditi o attività oggetto di evasione fiscale.
La Presidenza italiana ha tenuto un atteggiamento molto determinato per giungere all'approvazione della Direttiva con il primo scambio dal 2017 in anticipo (14 ottobre 2014) rispetto alla firma dell'accordo multilaterale più ampio in sede OCSE (29 ottobre 2014 a Berlino). L'accordo europeo ha fortemente contribuito alla pressione esercitata sui maggiori centri finanziari mondiali che, grazie anche alla spinta dell'Europa, si sono impegnati a effettuare il primo scambio entro una data precisa: alcuni di essi (tra cui San Marino e il Liechtenstein) entro il 2017; altri (tra cui Svizzera, Singapore, Hong Kong, Macao, Emirati Arabi Uniti) entro il 2018.

Considerazioni conclusive:

Il primo scambio nel 2017 sui conti esistenti al 31 dicembre 2015 rappresenta una svolta epocale: prevede l'individuazione della residenza fiscale da parte delle istituzioni finanziare (non solo banche ma anche trust, assicurazioni, ecc.) su tutti i conti finanziari (esercizio condotto nel corso del 2016), e relativo a tutti i redditi finanziari compreso il saldo degli stessi conti (per individuare anche i capital gains delle vendite di attività finanziarie). I dati verranno successivamente validati (anche per evitare errori a danno dei contribuenti onesti) per essere trasmessi alle autorità fiscali che procederanno automaticamente allo scambio su base annuale.
L'adesione mondiale al nuovo standard e l'accordo politico all'ECOFIN su un calendario preciso (che prima non esisteva) rappresenta un successo della Presidenza italiana, sulla quale è stato fatto un consistente investimento politico. Man mano che le giurisdizioni fiscali aderiscono, si riducono i margini di spostamento dei fondi sottratti al fisco che finiscono nel radar di una rete mondiale a "maglie strette".
La scelta di un calendario unico - riferimento ai conti esistenti al 31 dicembre 2015 per la due diligence da effettuarsi dal 1 gennaio 2016 e primo scambio nel 2017 (poi si va a regime) - garantisce un approccio coerente, uniforme ed esteso a tutta l'Unione allo scambio automatico di informazioni nel mercato interno.

Fonte: MEF

 

La Direzione

(12 gennaio 2015)

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