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PORTO D'ARMI

E' illegittimo il diniego di rinnovo se non è assistito da una motivazione rafforzata

Un avvocato, dopo 40 anni, si è visto negare il rinnovo della licenza: il Consiglio di Stato obbliga al riesame della richiesta.

Un avvocato penalista, da molti anni titolare del porto d’armi per difesa personale, all’atto del rinnovo dell’autorizzazione si vedeva respinta la richiesta da una Prefettura emiliana, e quindi impugnava il provvedimento davanti al TAR locale. Il giudice di primo grado avallava il diniego gravato, che era motivato sul presupposto che l’attività professionale svolta dal ricorrente non lo esponeva a pericoli tali da giustificare il rinnovo del titolo.

Avverso la decisione ha proposto appello il professionista, allegando la circostanza di detenere il porto d’armi per difesa personale, ininterrottamente, sin dal 1978 e stigmatizzando la decisione prefettizia carente della c.d. “motivazione rafforzata”.

Il Consiglio di Stato, III Sezione, con sentenza 3 luglio 2018 n. 4055, ha accolto l’appello.

I giudici di Palazzo Spada hanno preliminarmente osservato che non è affatto controverso il potere dell’Amministrazione di mutare orientamento in ordine all’autorizzazione al porto d’armi per difesa personale ma soltanto l’obbligo di farlo con adeguata motivazione specie allorché detto permesso è risalente nel tempo e sistematicamente prorogato, nell’assenza di qualsivoglia forma di abuso del suo titolare.

E’ stato infatti constatato che nel provvedimento prefettizio non era contenuta alcuna motivazione rafforzata che tenesse conto di questi fatti oggettivi né risultavano indicate le ragioni (che possono anche essere di ordine generale) per le quali l’Amministrazione ha inteso mutare orientamento, rispetto ai precedenti rinnovi. Nel provvedimento impugnato si fa soltanto cenno a non meglio precisate “direttive” del Ministero dell’Interno.

E’ pacifico, secondo la giurisprudenza, che il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi e che l’Amministrazione centrale (Ministero dell’Interno), ovvero quella periferica operante sul territorio, ben può effettuare valutazioni di merito in ordine ai criteri di carattere generale per il rilascio delle licenze di porto d’armi, tenendo conto del particolare momento storico, delle peculiarità delle situazioni locali, delle specifiche considerazioni che – in rapporto all’ordine ed alla sicurezza pubblica – si possono formulare a proposito di determinate attività e di specifiche situazioni.

Tuttavia di questi criteri generali (in tesi maggiormente restrittivi) idonei a legittimare il diniego del chiesto rinnovo non v’era traccia nel provvedimento impugnato (ne, tantomeno, negli atti dell’istruttoria).

Da qui la fondatezza dell’appello proposto da cui è conseguito l’accoglimento del ricorso di primo grado con l’obbligo per l’Amministrazione di riesaminare la richiesta di rinnovo del porto d’armi alla luce dei principi esposti.

 

Rodolfo Murra

(10 luglio 2018)

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