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REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA

La detenzione di "Lire" contraffatte é ancora reato

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla successione di norme extrapenali.

La Lira sembra un ricordo ma invece non lo è, ancora oggi detenere banconote contraffate o alterate integra il reato previsto all’art. 455 del Codice penale, rubricato “Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate”

La vicenda in esame ne è una conferma. Il Signor F.M. era stato condannato, sia in primo grado che in Corte d’Appello,  alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 455 c.p. Egli aveva acquistato banconote false del taglio da £ 10.000, per un importo complessivo di £ 3.000.000. Ad incastrarlo erano state le dichiarazioni accusatorie di altri due soggetti, uno separatamente giudicato riferiva di aver ceduto all’imputato all’interno della pizzeria dell’imputato le banconote contraffatte, ricevendone in cambio buoni pasto; l’altro collaboratore di giustizia confermava di aver assistito a questo episodio.

Imperterrito l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, a parer dei suoi difensori la lira non è più in circolazione, ha perso quindi la qualità di moneta avente corso legale e pertanto il fatto non costituisce più reato.

I giudici della Quinta sezione non sono stati dello stesso parere e con la sentenza n. 39813, depositata il 25 settembre 2014 hanno affermato che “la detenzione di banconote in lire contraffatte continua ad integrare i reati previsti dagli artt. 455 e 453 cod. pen., pur dopo la “prescrizione” a favore dell’Erario dei biglietti e delle monete ancora in circolazione prevista dall’art. 26 del d.l. n. 201 del 2011 (conv. in l. n. 214 del 2011), trattandosi di norma extrapenale non integratrice del precetto penale”.

La lira – motivano la sezione -  ha conservato per un periodo decennale la nozione di mezzo di pagamento con efficacia liberatoria fino alla sua conversione nella nuova valuta (l’euro) riconosciuta dall’ordinamento; dal 7 dicembre 2011 precisamente, con l’art. 26 del D.L. 201/2011 ha cessato qualsiasi funzione di mezzo di pagamento.

La vicenda  riporta in evidenza l’annosa questione della successione di norme extrapenali. La Cassazione più volte ha chiarito gli effetti che può determinare sul trattamento penale la modificazione di una norma extrapenale e se tale modificazione si risolva sempre in un fenomeno di successione di leggi penali ai sensi dell’art. 2 c.p. (vedi sentenza S.U. del 26 marzo 2003, n. 25887 - Giordano). Le norme extrapenali – afferma la Corte - “non svolgono tutte la stessa funzione e perciò occorre operare, come detto una distinzione tra le norme integratrici della fattispecie penale e quelle che tali non possono essere considerate, sicché la modifica di un elemento normativo di natura extrapenale assume effetto retroattivo, solo se il medesimo integri la fattispecie penale, in tal modo venendo a partecipare della natura di questa”.

In particolare, si è dovuto stabilire se la “prescrizione” della lira italiana abbia inciso sulla fattispecie dell’art. 455 c.p., con effetto retroattivo, ovvero abbia solo dato luogo a una modificazione della situazioni di fatto, che ha reso non più lecita la detenzione di banconote in lire contraffatte. L’ultima ipotesi – secondo quanto affermato dai giudici sembra essere la più aderente.

Nel caso in esame è da escludere che l’art. 26 del D.L. 201/2011 conv. in L. 22 dicembre 2011, n. 214 – che ha sancito la prescrizione delle banconote, dei biglietti e delle monete in lire ancora in circolazione e quindi comportato l’impossibilità della conversione delle lire in euro – “costituisca una norma integratrice della fattispecie penale, non avendo funzione definitoria e non sostituendo idealmente la parte della disposizione penale che la richiama, rimanendo il reato tipizzato unicamente dalle norme penali di cui all’art. 455 e 453 n. 1 c.p. Il cambiamento avvenuto nella normativa extrapenale, modificando il contesto giuridico di “valenza” della lira, ha determinato solo una diversità del fatto e non certamente della fattispecie”.

 

Gianmarco Sadutto

(2 ottobre 2014)

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