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CONSIGLIO DI STATO

Ordine di demolizione di manufatto abusivo adottato prima di decidere sull'istanza di sanatoria

Quando non è illegittimo ordinare la demolizione senza pronunciarsi sulla richiesta di accertamento in conformità.

Il proprietario di un immobile colpito da ordine di demolizione aveva gravato il provvedimento ritenendolo illegittimo perché il Comune lo aveva adottato prima di pronunciarsi (neppure implicitamente) sull’istanza di accertamento di conformità presentata ai sensi dell’art. 36 del TU. n. 380 del 2001. Val la pena di sottolineare, tuttavia, che il Comune aveva provveduto a comunicare il diniego dell’istanza stessa, seppur dopo aver adottato il provvedimento repressivo, definendo non assentibile l’intervento proposto in quanto oggettivamente non conforme alla strumentazione urbanistica vigente.

L’adito TAR aveva accolto l’impugnativa costringendo l’Ente locale a proporre appello.

Il gravame si affidava alla censura di error in iudicando giacché, in sostanza, per quanto in presenza di una inversione temporale degli atti rilevanti (ordine di demolizione precedente la fase valutativa dell’istanza di sanatoria), da un lato, il Comune aveva poi esposto perché la sanatoria non sarebbe mai stata ab origine assentibile e, da un altro lato, “essendo l’abuso palesemente in contrasto con la strumentazione urbanistica vigente giammai l’ente avrebbe potuto concedere una sanatoria anzi, di converso, la sua attività appare vincolata alla repressione dell’abuso: l’Ente non avrebbe potuto agire in maniera differente”.

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza del 5 novembre 2018 n. 6233, ha accolto l’impugnativa.

Ha premesso il Collegio di secondo grado che, in base al principio di tipicità del provvedimento amministrativo, la legge, come determina gli effetti dell’atto, analogamente può individuare le circostanze che incidono sui suoi effetti e sulla sua idoneità ad essere posto in esecuzione materiale. Si ritiene, infatti, che l’intervenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità non paralizza i poteri sanzionatori comunali e non determina, pertanto, alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell’ingiunzione di demolizione, comportando che l’esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa.

La giustificazione di questo principio sta nell’evitare che l’Ente locale, in caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, sia tenuto ad adottare un nuovo provvedimento di demolizione delle opere abusive, altrimenti finendosi per riconoscere in capo al privato, destinatario del provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale suo annullamento, quel medesimo provvedimento.

Infatti, sebbene nella vicenda in esame l’istanza di permesso di costruire in sanatoria sia stata presentata antecedentemente alla notificazione dell’ordinanza di demolizione, il Comune ha provveduto a comunicare il diniego dell’istanza stessa definendo non assentibile l’intervento realizzato in quanto non conforme alla strumentazione urbanistica vigente (“parco pubblico attrezzato”).

E’ stato allora ribadito il principio secondo il quale il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e non assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.

Il principio in questione secondo il Consiglio di Stato non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso ed il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.

Rodolfo Murra

(7 novembre 2018)

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