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Spending review nei concorsi pubblici

Il Tar Lazio annulla la procedura selettiva, meglio la chiamata diretta per minimizzare i costi

Il Giudice amministrativo in materia di concorsi indica la scelta della chiamata diretta a ruolo in luogo della procedura selettiva più dispendiosa.

Il Tar Lazio ha disposto l’annullamento del concorso bandito dalla Università degli Studi di Roma La Sapienza per il reclutamento di professori universitari di seconda fascia per l’Area CUN 6 - Scienze Mediche.

Il giudice Amministrativo ha accolto integralmente il ricorso di un candidato e con la sentenza n. 6237/2014 dell’11 Giugno 2014 ha ritenuto illegittima la procedura di concorso riconoscendo che: a) l’Università avrebbe dovuto procedere alla chiamata del ricorrente – ricercatore a tempo indeterminato della Sapienza - piuttosto che avviare una dispendiosa procedura selettiva.

Infatti il bando non aveva considerato la più snella procedura di chiamata prevista dall’art. 24, comma 6, della legge 240/2010, optando per seguire la procedura alternativa e più dispendiosa dell’art. 18 della legge n. 240/2010.

Se si fosse applicato il sesto comma dell’art. 24 della L. 240/2010, il ricorrente, ricercatore a tempo indeterminato della Sapienza, risultato idoneo, sarebbe stato chiamato dal relativo Dipartimento e inquadrato nel ruolo di professore associato con risparmio di spesa da parte dell’Amministrazione la quale avrebbe potuto chiamare direttamente il professore che avrebbe potuto essere inquadrato nel ruolo di professore associato con conseguente risparmio di spesa da parte dell’Amministrazione.

Il Tar Lazio nella sua motivazione inserisce anche un richiamo alla spending review ed all’importanza per la pubblica amministrazione di opzionare di volta in volta la procedura che sia maggiormente aderente ai criteri di economicità ed efficienza della stessa attività amministrativa.

Così prosegue il Tar in tema di rispetto di spending review:  “In altri termini, atteso il numero dei docenti già in possesso della abilitazione scientifica di cui all’articolo 16, l’Università avrebbe potuto procedere alla chiamata ai sensi dell’art. 24, della menzionata legge 240, piuttosto che avviare una nuova e più dispendiosa procedura selettiva, in conformità ai principi di economicità, efficienza e non aggravamento della procedimento amministrativo”.

Ed ancora il Tar Lazio, in materia di utilizzo di fondi straordinari da parte dell’amministrazione,  prosegue insistendo nella scelta della chiamata diretta a ruolo senza procedura selettiva: “Invero, la necessità di utilizzare í fondi straordinari avrebbe dovuto indurre ad avvalersi della procedure più snella di chiamata dei professori che avevano già conseguito l’abilitazione scientifica (di cui all’art. 16), ai sensi dell’art. 24, comma 6, della 240/2010, piuttosto che ricorrere ad una procedure più dispendiosa in termini economici e di tempo (come detto) quale quella prevista dall’art. 18 delle medesima legge 240”.

Il Tar Lazio nella sentenza qui in commento ritorna ancora una volta sull’onere di immediata impugnabilità del bando nel respingere le censure sollevate dall’Amministrazione sulla tardività dell’impugnazione del Bando di indizione della procedura e del decreto di nomina della Commissione giudicatrice.

I Giudici Amministrativi richiamano e aderiscono ad un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Ad. Plen., Sent. n. 1/2003; idem, Sez. VI, Sent. n. 1615/2003) in relazione ai bandi di gara e di concorso, secondo il quale “la lesione dell'interesse sostanziale del ricorrente a tutela del quale egli agisce, deve essere caratterizzata dalla immediatezza, della concretezza e dell'attualità. In altri termini la lesione deve costituire una conseguenza immediata e diretta del provvedimento dell'Amministrazione e dell'assetto di interessi con esso introdotto, deve essere concreta e non meramente potenziale, e deve persistere al momento della decisione del ricorso.

Sulla base di tali principi, i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito, in genere, devono essere impugnati insieme agli atti che ne fanno applicazione, in quanto sono questi ultimi ad individuare il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione giuridica soggettiva dell'interessato.

Per cui in presenza di una diposizione illegittima del bando di concorso, il candidato non è ancora titolare di un interesse attuale all'impugnazione, posto che egli non è ancora in grado di percepire l'astratta e potenziale illegittimità della disposizione e, quindi, una effettiva lesione della situazione soggettiva.

Ne consegue che l'onere di immediata impugnazione della lex specialis riguarda solo quelle disposizioni concernenti i requisiti soggettivi di partecipazione e quelle che determinano un'immediata preclusione alla partecipazione, ossia le disposizioni che ledono immediatamente e direttamente l'interesse del soggetto che ha chiesto di partecipare alla procedura concorsuale.” (sentenza Tar Lazio in commento) .

In merito all’impugnabilità delle clausole immediatamente escludenti l’orientamento è in linea con una recente sentenza del Consiglio di Stato, IV sezione n. 1243 del 13 Marzo 2014 che affronta la qualifica di  “clausola immediatamente impugnabile” .

La “clausola immediatamente impugnabile” viene ricollegata ed attribuita a quelle clausole del bando che risultino lesive nei confronti dei concorrenti qualora esse non possano essere “emendate” con atti successivi (ovvero nella lettera di invito).

Ai fini della verifica di detta immediata impugnabilità vi è la distinzione tra “ lex specialis -bando di gara”  e “lettera di invito” in relazione alle prescrizioni che possono o meno essere corrette nella stessa lettera di invito.    

Infatti l’immediata impugnabilità della clausola del bando di gara (i) viene esclusa qualora le prescrizioni del bando possano essere corrette dalla lettera invito in quanto in tal caso la relativa impugnativa della clausola sarebbe inammissibile per difetto di interesse (“….non potrebbe dirsi attuale l’interesse a gravare le dette clausole laddove le medesime fossero ancora suscettibili di essere emendate, corrette, edulcorale, integrate, modificate  nel successivo stadio della procedura.”(cfr. 3.4.3 sentenza in esame); e

(ii) viene ammessa qualora- di converso -  le prescrizioni non potrebbero essere “corrette” dalla lettera-invito se non a costo di sovvertire il rapporto gerarchico sussistente tra quest’ultima ed il bando: in simile ipotesi in adesione al filone giurisprudenziale evolutivo della tesi sviluppata dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003 non potrebbe negarsi l’attualità dell’interesse: “ Non può tuttavia essere escluso un dovere di immediata impugnazione delle clausole del bando in quei limitati casi in cui gli oneri imposti all’interessato ai fini della partecipazione risultino, manifestamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale..”.
L’Adunanza Plenaria n. 1/2013, sul piano esemplificativo, ha fatto riferimento a quella clausola che, discostandosi macroscopicamente dall’onere di “clare loqui”, al quale ogni bando deve conformarsi, risulti indecifrabile nei suoi contenuti, così impedendo all’interessato di percepire le condizioni alle quali deve sottostare, precludendogli, di conseguenza, direttamente ed indirettamente, la partecipazione.

E la sentenza del 13 marzo 2014 riagganciandosi alla Plenaria n. 1 del 2013 conclude nel senso che  “Muovendo da tale approdo appare quindi evidente che la verifica debba svolgersi, in concreto, valutando lo stadio della procedura: soltanto attraverso detta disamina concreta, rifuggendo da apriorismi assolutistici, è possibile comprendere, laddove – come nel caso di specie - ci si trovi al cospetto di censure eterogenee, incidenti su più prescrizioni del bando quale di dette doglianze sia supportata da un interesse immediato, concreto e reale (e sia pertanto ammissibile) e quale altra, eventualmente, abbia natura eventuale od ipotetica, e sia stata sollevata a fini di natura precauzionale (nell’eventualità cioè, che la lettera invito successiva, pur potendo integrare in parte qua il bando, ciò non faccia).”(cfr. sentenza in esame punto 3.4.4).

 

  

 

Michela Montanari

(16 giugno 2014)

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