Corte di Cassazione
La trascrizione del preliminare tutela l'acquirente solo per 3 anni
La Corte di Cassazione si esprime in ordine alla rilevabilità d'ufficio dell'inefficacia della trascrizione del preliminare di compravendita.
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22454/2014, ha posto fine ad una articolata vicenda sostanziale, nel corso della quale si è vista rivolgere molteplici motivi di ricorso, riguardanti diversi istituti giuridici, quali il termine essenziale del contratto art. 1362 e 1363 c.c., la disciplina della clausola penale posta in associazione con la clausola che dispone il termine essenziale, la simulazione di compravendita fra due società aventi medesima compagine sociale e, per quello che a noi qui interessa, l’efficacia dei contratti preliminari di compravendita e della rilevabilità d’ufficio della medesima inefficacia.
La trascrizione del contratto preliminare di compravendita e gli effetti ad essa correlati, sono disciplinati all’art 2645 bis codice civile.
Tale norma prende atto della prassi ormai diffusa nel settore delle compravendite immobiliari, laddove la stipulazione dell'atto definitivo di compravendita è solitamente preceduta dalla conclusione di un contratto preliminare, in cui le parti fissano gli elementi essenziali dell'affare e, in particolare, il bene oggetto del futuro trasferimento e le modalità di pagamento.
Tale prassi ha imposto al legislatore di predisporre una tutela nei confronti della parte promissaria acquirente, la quale, in mancanza di un disciplina ad hoc che curi il periodo intercorrente tra la stipula del preliminare e del definitivo, sarebbe esposta al rischio di subire gli effetti derivanti da successivi atti di disposizione del medesimo bene, poste in essere dal promissario alienante nei confronti di terzi.
Difatti spesso - specie in epoche caratterizzate da notevole inflazione - il promittente venditore, piuttosto che dare esecuzione al contratto preliminare, preferiva affrontare le conseguenze giuridiche ed economiche dell'inadempimento e trasferire il bene a terzi a prezzo assai superiore a quello precedentemente convenuto col promissario acquirente.
In questo senso il legislatore garantisce il promissario acquirente attraverso la trascrizione del preliminare, fornendogli, per mezzo di questa, uno strumento di opponibilità ai terzi degli accordi assunti con il promittente venditore (“La trascrizione del contratto definitivo… prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione nel contratto preliminare” art. 2645 bis, comma 2 cod. civ.).
Gli effetti della trascrizione del contratto preliminare sono sottoposti, tuttavia, a termine: essi, infatti, si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, di cui all’art. 2652, primo comma, numero 2) (art. 2645 bis c.c., terzo comma).
La legge ha voluto così limitare nel tempo gli effetti della trascrizione stessa, per non imporre vincoli giuridici troppo prolungati alla libertà dei traffici giuridici.
In merito la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22454/2014, ha chiarito che il decorso del termine triennale sia di certo riscontrabile anche d’ufficio da parte del giudice, posto che la finalità intrinseca alla previsione del detto termine, ossia il ripristino del regime di libera disposizione e circolazione dei beni cui, appunto, osta l’effetto prenotativo correlato alla trascrizione del preliminare, risponde a ragioni di pubblico interesse che, evidentemente, non possono essere affidate all’esclusiva iniziativa delle parti e sollecitano, viceversa, il presidio dell’autorità statuale.
Fonte: Corte di Cassazione
Eleonora Finizio
(29 ottobre 2014)
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