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Andamento delle economie UE

Per i parametri europei, l'Italia non risulta a rischio di gravi squilibri economici complessivi

La Commissione UE ha messo a punto 11 parametri per valutare i rischi macroeconomici dei 28 Paesi membri ed il nostro Paese non da' segnali di pericolo.

Anche oggi  sono arrivate brutte notizie per il nostro Paese, da parte dell’OCSE e dall’agenzia di valutazione del merito del credito (rating) Standard & Poor’s.  L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha ribadito che l’Italia è l’unico Paese del G7 in recessione.

I dati erano stati in parte anticipati qualche giorno fa ed, infatti, ne avevamo dato notizia con un articolo pubblicato sul Quotidiano della P.A. il 26 agosto scorso. Oggi, tuttavia, il dato risulta ancora più negativo, con un -0,4%, rispetto al + 0,5% stimato solo quattro mesi fa (a maggio).

Sono state, a questo proposito, riviste anche le previsioni per il 2015, passando dall’1,1% previsto in primavera, all’odierno +0,1%. Anche l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha rivisto al ribasso la stima del prodotto interno loro italiano, passando dal + 0,5% di giugno, all’odierno “zero”.

Naturalmente non si è trattato di una sorpresa, dato che tutti i ”fondamentali” dell’economia italiana, negli ultimi mesi, sono progressivamente peggiorati. Il Premier, tuttavia, non demorde e continua a lanciare segnali di speranza e di incoraggiamento nel tentativo di risollevare il morale di un Paese “depresso”.

Va, peraltro, segnalato come il Sole 24 Ore abbia dato notizia di una procedura messa a punto da qualche anno dalla Commissione Europea e di cui, tutto sommato, la grande stampa ha parlato poco o niente. Si tratta del “Macroeconomic imbalance procedure” (Mip), in base al quale sono stati definiti 11 parametri per valutare l’eventuale esistenza di squilibri strutturali fra i Paesi membri dell’Unione Europea e prevenire crisi future.

Una volta ravvisato l’esistenza di un problema (“squilibrio”) viene notificata una “raccomandazione” al Governo interessato, in base alle specifiche previsioni del Trattato Europeo (art. 121.2).

Tanto per fare un esempio, è stato proprio a seguito del superamento di uno di questi 11 parametri -quello del saldo delle partite correnti, che non può avere un attivo superiore al 6% del Pil o un passivo inferiore al 4% del Pil nella media degli ultimi tre anni- che la Germania è stata invitata ad aumentare la domanda interna per riequilibrare “il surplus delle partite correnti superiori al 7%”.

Per la verità, fino ad oggi, Berlino non ha fatto un granchè per allinearsi al parametro “sforato”; ma questo -è di tutta evidenza- dipende dallo straordinario peso politico sul quale può contare il Governo di Angela Merkel.

Ad ogni buon conto, analizzando tutti gli 11 parametri, si ha la sorpresa positiva di verificare che, una volta tanto, l’Italia non sta nell’elenco delle pecore nere. Dall’analisi si scopre che il parametro meno rispettato è quello del debito/pil, tanto che alla fine dell’anno scorso, ben 13 Paesi su 18 dell’Eurozona (e 16 sui 28 della UE) presentavano un rapporto superiore al 60% previsto specificamente dai trattati.

Più in generale, gli Stati membri in testa alla “black list” di chi non rispetta i parametri del c.d. Mip, sono la Spagna, Cipro, la Grecia e l’Irlanda, fuori regola su quattro degli undici parametri fissati dalla Commissione.

Secondo gli esperti, questi indicatori potrebbero essere molto utili per prevenire quello che di negativo è successo in passato. Se, ad esempio, si guarda all’11° parametro (la variazione annua del totale delle passività del settore finanziario), si può notare che nessun Paese, oggi, “sfora” la soglia fissata del 16,5%.

Tuttavia, si evidenzia che nel 2007 -vale a dire poco prima che scoppiasse la crisi- tutti i Paesi poi collassati e finiti sotto il controllo della Commissione UE, della Bce e del Fondo Monetario (la c.d. “troika”) -vale a dire : Cipro, Grecia, Spagna e Irlanda- avevano superato i limiti stabiliti.

Ciò significa, evidentemente, che i parametri messi a punto dalla Commissione UE possono certamente agire come un segnale premonitore, in alcuni casi assai utile per mettere in atto tutte le necessarie misure per rimettere sulla “retta via” chi ha perso la rotta e sta andando verso il dirupo.

Da questo punto di vista, il Sole 24 Ore segnala che -escluso il rapporto debito/Pil, che vede l’Italia oltre il 133%, anziché il previsto limite del 60%-  rispetto agli altri parametri, come la posizione finanziaria netta ed il debito privato/pil -che la Mip indica come i due punti più sensibili per i prossimi anni- il nostro Paese non è, al momento, considerato in “zona pericolo”.

 

 

Moreno Morando

(15 settembre 2014)

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