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Giustizia amministrativa

Contratti pubblici: "no" del Consiglio di Stato all'automatica revisione periodica del prezzo

L'iter procedimentale bifasico per il compenso revisionale nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture.

Per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture è prevista l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione. 

In particolare, sia l'abrogato art. 6, comma 4, della legge 23 dicembre 1993 n. 537 (come modificato dall'art. 44 della legge 24 dicembre 1994 n. 724), che il vigente art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, prevedono per la revisione prezzi un’istruttoria da parte dei dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi, sulla base in primo luogo dei dati forniti dalla sezione centrale dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dall'ISTAT.

Conseguentemente sono nulle le clausole contrattuali che escludono la revisione del canone, ma questo principio non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti.

È questo il principio sancito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 27 novembre 2015 n. 5375 sulla cui base il Collegio ha affermato che l’iter procedimentale in subiecta materia è bisafico, cioè caratterizzato da due distinte fasi di diversa natura.

La giurisprudenza è, infatti, pacifica, nel rilevare che a fronte dell'interesse legittimo dell'appaltatore a richiedere di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, c'è  la correlata facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa da un lato, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. 

I risultati del procedimento di revisione prezzi sono quindi espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge. 

La posizione dell'appaltatore assume carattere di diritto soggettivo solo dopo che l'Amministrazione, in base alle risultanze istruttorie, abbia riconosciuto la sua pretesa, vertendosi solo allora in tema di “quantum” del compenso revisionale.

Da quanto sopra consegue che la mancata impugnazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di revisione rende l’appello inammissibile non potendo la relativa azione essere azionata nel termine decennale di prescrizione con la richiesta della declaratoria del relativo diritto.

Fonte: Consiglio di Stato

Per approfondire e scaricare la sentenza clicca su Gazzettaamministrativa.it

Enrico Michetti

 

La Direzione

(5 dicembre 2015)

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