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Giustizia amministrativa

ISEE: il TAR Lazio boccia in parte le nuove modalità di determinazione

L'Amministrazione dovrà rimodulare la nozione di "reddito imponibile". Annullate, inoltre, le norme che sulle detrazioni differenziano tra disabili maggiorenni e minorenni.

Il Tar Lazio, Roma, Sezione Prima con la sentenza del 11 febbraio 2015 ha definito il ricorso proposto da numerosi soggetti, tutti disabili medi o gravi o non autosufficienti o loro familiari conviventi - oltre ad Associazione con scopo statutario di tutela dei diritti e interessi delle persone disabili - che percepiscono trattamenti assistenziali, indennitari o assistenziali, ovvero appartengono a nuclei familiari del quale fanno parte disabili che usufruiscono di dette provvidenze, che lamentavano l'illegittimità delle nuove modalità di determinazione dell’ISEE stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159 del 5 dicembre 2013, recante il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 19 del 24 gennaio 2014, ai sensi dell’art. 5 d.l. n. 201/2011, convertito nella legge  n. 214/2011.
 
Ad avviso del Giudice capitolino un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 5 d.l. cit. rispetto agli artt. 3, 32 e 38 Cost., comporta che la disposizione la quale prevede di “…adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale…valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all’estero…” debba essere nel senso prospettato dai ricorrenti. La volontà del legislatore coincideva con la necessità di eliminare precedenti situazioni ove si rappresentavano privi di reddito soggetti in realtà dotati di risorse, anche cospicue, ma non sottoponibili a dichiarazione IRPEF.

Correttamente, aggiunge il TAR, i ricorrenti richiamano i redditi prodotti e tassati all’estero (ed ecco il richiamo alla componente patrimoniale sita all’estero di cui all’art. 5 cit.), le pensioni estere non tassate in Italia, i lavoratori di stato estero (Città del Vaticano), i lavoratori frontalieri con franchigia esente IRPEF, il coniuge divorziato che percepisce assegno di mantenimento di figli.

Più che da un risparmio di spesa, il Collegio ritiene che tale impostazione normativa era orientata a rispettare un principio di uguaglianza e proporzionalità, ai fini del rispetto dell’art. 38 Cost., legata all’”emersione” di situazioni solo apparentemente equivalenti ad assenza di reddito effettivo.

Il d.p.c.m., quindi, per non incorrere nella violazione di legge e nella ancor più diretta violazione delle norme costituzionali sopra richiamate avrebbe dovuto dare luogo a disposizione orientate in tale senso, approfondendo le situazioni in questione ed aprendo il ventaglio delle possibilità di sottoporre la componente di reddito ai fini ISEE a situazioni di effettiva “ricchezza”.

Con la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, lett. f), d.p.c.m. cit., invece, la Presidenza del Consiglio ha disposto che “Il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti…f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a);”, vale a dire nel reddito complessivo IRPEF.

Ebbene, la genericità e ampiezza del richiamo a trattamenti “assistenziali, previdenziali e indennitari” comporta indubbiamente che nella definizione di “reddito disponibile” di cui all’art. 5 d.l. cit. sono stati considerati tutti i proventi che l’ordinamento pone a compensazione della oggettiva situazione di svantaggio, anche economico, che ricade sui disabili e sulle loro famiglie.

Non è dato comprendere per quale ragione, nella nozione di “reddito”, che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento, sono stati compresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”, quali, le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico, gli indennizzi da danno biologico invalidante, di carattere risarcitorio, gli assegni mensili da indennizzo ex ll. nn. 210/92 e 229/05.

Tali somme, e tutte le altre che possono identificarsi a tale titolo, non possono costituire “reddito” in senso lato né possono essere comprensive della nozione di “reddito disponibile” di cui all’art. 5 d.l. cit., che proprio ai fini di revisione dell’ISEE e della tutela della “disabilità” è stato adottato.

Né può convenirsi sul punto con le difese delle Amministrazioni costituite, secondo cui tale estensione della nozione di “reddito disponibile”, di cui non si nega l’esistenza nel d.p.c.m., sarebbe in qualche modo temperata o bilanciata dall’introduzione nello stesso d.p.c.m. di deduzioni e detrazioni che “in gran parte dei casi” ridurrebbero l’indicatore in questione a vantaggio delle persone con disabilità nella nuova disciplina.

In primo luogo, il riferimento alla “gran parte dei casi”, attesta che ciò non avviene in tutti i casi e tale conclusione, per un atto normativo di carattere generale, non appare razionale.

In secondo luogo, manca completamente il richiamo e l’approfondimento sull’effettiva volontà del legislatore, tesa a riequilibrare situazioni di carenza fittizia di reddito e non ad introdurre specifiche detrazioni e franchige su un concetto di “reddito” (impropriamente) allargato.

Non è dimostrato, in sostanza, che le compensazioni di cui allo stesso art. 4 dp.c.m. siano idonee a mitigare l’ampliamento della base di reddito disponibile introdotta né che le stesse possano essere considerate equivalenti alla funzione sociale cui danno luogo i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche per situazioni di accertata “disabilità”.

Alla luce di quanto detto, quindi, afferma il TAR il d.p.c.m. impugnato si palesa illegittimo laddove prevede al richiamato art. 4, comma 2, lett. f), una nozione di “reddito disponibile” eccessivamente allargata e in discrepanza interpretativa con la “ratio” dell’art. 5 d.l. cit.

L’Amministrazione dovrà quindi provvedere a rimodulare tale nozione valutando attentamente la funzione sociale di ogni singolo trattamento assistenziale, previdenziale e indennitario e orientandosi anche nell’esaminare situazione di reddito esistente ma, per varie ragioni, non sottoposto a tassazione IRPEF.

Ulteriore profilo di illegittimità sono stati rinvenire dal TAR nelle "detrazioni" relativamente alle quali, il TAR ha evidenziato che "non è dato comprendere, per quale ragione le detrazioni previste all’art. 4, comma 4, lett. d), nn. 1), 2) e 3), siano incrementate per i minorenni, non individuandosi una ragione per la quale al compimento della maggiore età, una persona con disabilità, sostenga automaticamente minori spese ed essa correlate. Né è convincente sotto tale profilo la tesi della difesa erariale, secondo cui i minori con disabilità non possono costituire nucleo a sé, gravando l’obbligo del mantenimento in capo ai genitori, e per i maggiorenni è relativamente più facile ridurre sostanzialmente l’ISEE, se non azzerarlo, potendosi non considerare il reddito dei genitori.

Tale conclusione non appare sostenuta da elementi specifici, almeno statistici, che dimostrino il grado di incidenza sulla popolazione dei disabili dei maggiorenni costituenti “nucleo a sé” rispetto a quelli che non possono farlo mentre il decreto impugnato, per le sue caratteristiche di generalità e astrattezza, impone direttamente e indistintamente la detrazione considerata, senza legarla alla effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne".

Sotto tale profilo, quindi, conclude il TAR le norme di cui ai richiamati nn. 1), 2) e 3) devono essere annullate per la parte in cui introducono una indistinta differenzazione tra disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest’ultimi, senza considerare l’effettiva situazione familiare del disabile maggiorenne.

L’Amministrazione dovrà quindi provvedere a rimodulare anche tale disposizione nel senso ora evidenziato.

Per acquisire gratuitamente il testo della sentenza richiederla via mail a info@gazzettamministrativa.it

Enrico Michetti

La Direzione

(23 febbraio 2015)

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