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Corte di Cassazione

Disturbo della quiete pubblica: scatta il reato se i cani abbaiano tutta la notte

È sufficiente che i cani arrechino disturbo ad un numero indeterminato di persone.

“in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, .. per l'integrazione del reato previsto dall'art. 659 cod. pen. è sufficiente l'idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l'effettivo disturbo alle stesse“.  

“l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (quali le dichiarazioni testimoniali di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete”.

Sono questi i principi ribaditi dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione in virtù dei quali, con sentenza del 5 marzo 2019, é stata confermata la condanna di una donna per il reato di disturbo della quiete pubblica previsto e punito dall'art. 659 del codice penale perché, non impedendo i latrati dei ventidue cani detenuti regolarmente nella propria abitazione arrecava disturbo ai vicini.

La Suprema Corte ha ritenuto corretta la sentenza di condanna che ha fondato l'affermazione di responsabilità sulle convergenti dichiarazioni rese dai testimoni escussi, i quali hanno riferito che l'abitazione dell'imputata era situata in un viale abitato, ove erano ubicate numerose ville, e che i latrati dei cani detenuti dall’imputata erano incessanti (a tutte le ore del giorno e della notte) e molesti per proprio perché continui. La Corte territoriale ha, quindi, ritenuto con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, che i cani, abbaiando abitualmente ed all'unisono, generavano rumori molesti idonei ad arrecare oggettivo disturbo alla pubblica quiete, superando i limiti della normale tollerabilità.

Per approfondire vai alla sentenza integrale.

Enrico Michetti

Fonte: Massimario G.A.R.I.

La Direzione

(17 marzo 2019)

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