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Infiltrazioni criminali

Interdittiva antimafia: terra bruciata intorno alla 'Banda della Magliana'

L'attualità dei rapporti criminali non può escludersi dalla risalenza dei fatti accertati in sede penale. La sentenza del Consiglio di Stato n. 3653/2015.

La Prefettura di Roma, con provvedimento del 16 ottobre 2014, ha adottato una informativa interdittiva antimafia nei confronti di taluni soggetti, in quanto riconducibili alla gestione di altra persona, quale amministratore di fatto, ritenuto il prestanome e longa manus di un personaggio di notevole spessore criminale legato alla tristemente nota “Banda della Magliana”.

Per effetto di tale provvedimento, la società amministrata dai soggetti colpiti dall’interdittiva veniva esclusa da una gara bandita dalla Banca d’Italia. Il TAR Lazio, adito dalla società esclusa, aveva accolto il ricorso e disposto l’annullamento dell’esclusione perché, a suo dire, gli elementi posti a sostegno dell’informativa non avevano il carattere dell’attualità, nonostante la sentenza di condanna, per il delitto di usura, pronunciata dal Tribunale di Roma nei confronti dell’amministratore, per fatti risalenti al 2001-2003.

Il primo giudice ha fondato la sua propria statuizione annullatoria sul convincimento che «in assenza di indizi seri, precisi e concordanti, oggettivamente riscontrabili, che, secondo l’esperienza comune, assumono un significato univoco nel senso di ritenere ancora attualmente sussistenti rapporti tra il -OMISSIS- e la famiglia -OMISSIS-, l’interdittiva antimafia, risulta illegittima, per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti».

Secondo il T.A.R. capitolino, in altri termini, difettava all’informativa l’indispensabile connotazione dell’attualità, non rilevando in contrario la data, ben successiva, di adozione della sentenza penale che ha definito il relativo giudizio di primo grado, peraltro appellata.

La sentenza del TAR Lazio è stata appellata dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura. Il Consiglio di Stato, Sezione Terza, con decisione n. 3653 del 24 luglio 2015, ha ribaltato la pronuncia, accogliendo l’appello.

Quanto al profilo relativo al mero decorso del tempo, la Sezione ha ribadito il principio di diritto secondo cui l’interdittiva antimafia può ben fondarsi, oltre che su fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando tuttavia dal complesso delle vicende esaminate e sulla base degli indizi (anche più datati) raccolti, possa ritenersi sussistente un condizionamento attuale dell’attività dell’impresa.

Solo se dall’esame dei fatti più recenti non esce confermata l’attualità del condizionamento, pur ipotizzabile sulla base dei fatti più risalenti, l’informativa deve essere annullata.

Ora l’esame della sentenza penale, effettuato dall’interdittiva, ha dimostrato che il Prefetto ha ritenuto ancora attuale il legame esistente tra i soggetti coinvolti e, cioè, non interrotto, ma perdurante, il rapporto di collaborazione e di cointeressenza economica descritto, seppure per affermarne la responsabilità penale in ordine a specifici fatti contestatigli, nella sentenza penale stessa, al punto che il provvedimento prefettizio, recependo le motivazioni del giudice penale, non esita a definire il primo di loro quale longa manus della famiglia criminale.

La circostanza che tale rapporto sia emerso solo in occasione dei fatti contestati nel periodo tra il 2001 e il 2003, oggetto del giudizio penale, nulla toglie all’attualità di tale rapporto, quale descritta dalla stessa sentenza penale e recepita dall’autorità prefettizia.

Rodolfo Murra

(28 luglio 2015)

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