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Informativa prefettizia antimafia

Processi in corso o pregresse condanne non sono presupposti indefettibili del tentativo d'infiltrazione

I principi sanciti dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 27 febbraio 2015.

La vicenda approfondita dal Consiglio di Stato riguarda la revoca operata dal Comune di Casagiovese dell'aggiudicazione di una gara pubblica a favore di una impresa con riaggiudicazione alla seconda classificata.

Tale revoca veniva adottata dall'Ente Locale in virtù di informativa interdittiva della Prefettura di Cosenza recante la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa a carico della società. 

Nella sentenza del 27 febbraio 2015 la Terza Sezione del Consiglio ha rigettato il ricorso proposto dalla società ed a tal fine ha dapprima ricostruito il quadro normativo (l'art. 4 Dlgs n. 490/1994 e l’art. 10 del d.P.R. n. 252/1998) per poi enunciare una serie di principi interessati in materia di informativa prefettizia.

In particolare, dall’esame della normativa il Consiglio di Stato rileva come risulta evidente che processi in corso, o pregresse condanne o la trascorsa applicazione di misure di sicurezza non sono presupposti indefettibili per individuare situazioni esposte al tentativo di infiltrazione mafiosa nei confronti dell’impresa, dal momento che l’art. 4 del d.lgs n. 490/1994 prevede come presupposto solo gli accertamenti svolti dal prefetto competente e l’art. 10 del d.P.R. n. 252/1998 attribuisce a tali accertamenti in alternativa lo stesso peso di quelli derivanti da condanne, procedimenti penali in corso o misure di sicurezza.

Sottolinea poi il Collegio l'irrilevanza dei soli legami parentali a dare conto del tentativo di infiltrazione in assenza di ulteriori elementi quali la frequentazione e la evidente solidarietà di comportamenti. Tuttavia viene ribadito che la normativa della cui applicazione si tratta - e segnatamente l’art. 10 del d.P.R. n. 252/1998 che specifica in dettaglio diversi presupposti - non richiede necessariamente che gli elementi da cui si deduce il “pericolo” di infiltrazione mafiosa consistano in procedimenti di carattere giurisdizionale o in misure di sicurezza adottate nei confronti degli interessati. Pertanto, l’assenza di tali elementi non è significativa, se, oltre ai rapporti familiari con persone riconducibili al fenomeno mafioso, concorrono altri elementi a comporre un sufficiente quadro indiziario del pericolo di permeabilità mafiosa.

Da ultimo precisa il Consiglio di Stato che l’art. 10 del d.P.R. n. 252/1998 nel punto 9.1., prevede, tra l’altro, al comma 8, che, anche sulla documentata richiesta dell'interessato, la Prefettura aggiorna l'esito delle informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa. E’ pertanto questa la strada che l’interessato deve seguire per far valere eventuali aspetti della sua vicenda o fatti sopravvenuti che in questa sede non siano emersi con sufficiente evidenza per essere rilevabili dal giudice amministrativo.

Per acquisire gratuitamente al sentenza richiederla via mail a info@gazzettaamministrativa.it.

Enrico Michetti

La Direzione

(1 marzo 2015)

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