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CONSIGLIO DI STATO

Gare: l'incompatibilitá dei componenti della commissione

Il legame anche indiretto tra un Commissario ed una impresa concorrente compromette l'imparzialitá dell'organo.

Una società, che si qualificava essere uno dei principali operatori del mercato della manutenzione delle apparecchiature biomedicali, partecipava ad una gara per l’affidamento del servizio manutenzione delle apparecchiature stesse delle aziende ospedaliere della Regione Campania.

Non rimanendo aggiudicataria per tutti i lotti ai quali aveva partecipato, impugnava il provvedimento conclusivo dinanzi al TAR, il quale rigettava il ricorso con sentenza in forma semplificata.

La società si rivolgeva allora al Consiglio di Stato con appello nel quale, tra i vari motivi, rilevava l’erroneità della pronuncia tra l’altro per aver scorrettamente deciso una censura relativa al dedotto profilo attinente ad una sollevata questione di incompatibilità: in particolare in primo grado la ricorrente aveva affermato la sussistenza di situazioni potenzialmente incidenti sulla legittimità dell’atto di nomina di alcuni componenti di Commissione di gara (uno dei quali avendo avuto in passato esperienze professionali con una delle imprese concorrente ed un altro che aveva un figlio che in epoca pregressa aveva svolto attività lavorativa presso altra ditta sempre concorrente), poiché i fatti evocati avrebbero dovuto comportare una causa di astensione.

Il motivo di appello è stato ritenuto fondato dal Supremo Consesso amministrativo, con sentenza n. 6299 del 7 novembre 2018, il quale ha preso le mosse dalle Linee Guida dell’Anac n. 5 del 2016 (come aggiornate con deliberazione n. 4 del 2018) sui criteri di nomina dei commissari che, attraverso il sistema dei rinvii, dettano la disciplina relativa alla composizione della Commissione di gara: disciplina che coinvolge molteplici aspetti, ed in particolare, oltre a quelli della competenza e della non influenzabilità del giudizio (cui fanno riferimento più prettamente il 4° e 5° co. dell’art. 77 del Codice dei contratti che a sua volta menziona anche il DPR n. 62 del 2013), anche di prevenzione delle frodi e della corruzione attraverso l’eliminazione del conflitto di interessi.

Il comma 2 dell’art. 42 del Codice recita “Si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62”.

Sotto altro profilo l’art. 7 del D.P.R. n. 62 del 2013dispone: “1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

Dalla lettura della norma discende che quanto alla prima parte non si verte in ipotesi di mera facoltà, quanto piuttosto di dovere, essendo l’astensione facoltativa prevista per gli altri casi.

La disciplina dell’incompatibilità risulta, dunque, arricchita di quei profili (già presenti, nell’ordinamento, con riguardo alla magistratura) tendenti alla salvaguardia dell’immagine di imparzialità e ad evitare che possa determinarsi un’oggettiva “confusione” tra valutatore e concorrente, di per sé idonea ad appannare l’immagine di imparzialità e di buona amministrazione.

Ciò posto, deve rilevarsi che quanto alla posizione del secondo membro che l’esperienza professionale rispetto alla quale si radicherebbe l’incompatibilità non è diretta, ma riguarda il figlio che, sebbene distaccato presso l’impresa concorrente, era in realtà dipendente di una società di lavoro interinale che è estranea alla gara con incarico cessato prima della gara.

Con riferimento a tale posizione, ha ritenuto il Collegio che la natura c.d. ‘triangolare’ del rapporto di lavoro, che coinvolgeva il somministratore, l'utilizzatore e il lavoratore, e si caratterizzava per la scissione tra la titolarità del rapporto di lavoro (che fa capo all’agenzia somministratrice) e l’effettiva utilizzazione del lavoratore che compete all’utilizzatore, tuttavia non sottrae il dipendente dal diretto controllo dell’utilizzatore medesimo ed in ogni caso, non è idonea ad eliminare quella “confusione” di ruoli di cui si è detto.

Con riferimento alla posizione dell’altro componente, è risultato, in effetti, che lo stesso avesse svolto attività lavorativa personalmente presso una delle concorrenti (sia pur quattordici anni addietro).

Ciò non di meno, da un lato, tale lasso temporale non costituiva motivo di esonero dalla dichiarazione da parte del commissario del predetto rapporto, mentre la compresenza nella medesima Commissione di due commissari legati (seppure in passato o indirettamente per tramite del figlio) alle imprese concorrenti rafforza la percezione di compromissione dell’imparzialità che, invece la disciplina vuole garantire al massimo livello, al fine di scongiurare il ripersi nelle gare pubbliche di fenomeni distorsivi della par condicio e di una “sana” concorrenza tra gli operatori economici.

E’ stato rilevato che il fatto che il rilievo di eventuali legami sia rimesso alla autodichiarazione dei commissari medesimi, non rende il motivo di incompatibilità meno stringente o vincolante per l’Amministrazione, cui comunque è rimesso il controllo.

Nella specie che ha occupa il giudice di appello, la concomitante presenza in commissione di ben due commissari che hanno avuto rapporti – direttamente o indirettamente – con uno dei concorrenti risulta integrare l’ipotesi di conflitto di interessi di cui all’art. 42 del Codice dei contratti, che, per come è formulata la norma, include anche la percezione di un pericolo di imparzialità.

 

Mattia Murra

(20 novembre 2018)

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