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CONSIGLIO DI STATO

Subentro nella carica di Consigliere comunale: lo strano caso dell'ex Assessore che reclama il seggio.

L'azione proposta, fondandosi su una situazione di diritto soggettivo, doveva essere devoluta alla giurisdizione dell'A.G.O.

Nel giugno 2006 si tenevano in una cittadina laziale le elezioni comunali alle quali partecipava una cittadina, che risultava essere la prima dei non eletti nella lista di appartenenza.

Successivamente la stessa veniva chiamata a ricoprire l’incarico di Assessore, dal quale veniva rimossa in seguito per essere venuto meno il rapporto di fiducia che deve caratterizzare i rapporti interpersonali tra Sindaco ed i suoi Assessori.

Più avanti, a seguito del decesso di un consigliere eletto durante le medesime consultazioni del 2006 il Consiglio comunale procedeva alla surroga a favore di altro dei candidati non eletti nella medesima lista.

Con ricorso al T.A.R. Lazio l’ex assessore ha impugnato la delibera consiliare disponente il subentro della concorrente (qui contro interessata), deducendo (primo motivo) la violazione degli articoli 45 e 64 del T.u.e.l. – Testo unico enti locali – nonché (secondo motivo) la violazione dell’art. 7 D.L.vo 8 aprile 2013 n. 39 e degli articoli 63 e 78 del medesimo T.u.e.l. nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e carenza ed errore nei presupposti.

Il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con sentenza che è stata fatto oggetto di appello.

Assumeva l’appellante che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio non aveva la consistenza del diritto soggettivo (ad essere riconosciuta compatibile e non decaduta dalla carica di consigliere comunale), ma di interesse legittimo poiché era contestato l’esercizio dell’azione amministrativa.

Il Consiglio di Stato, con dell’11 febbraio 2019, ha respinto l’appello.

La giurisdizione del giudice amministrativo in materia di contenzioso elettorale è definita, in via generale, dall’art. 126 Cod. proc. amm., per il quale “Il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione di membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia”; essa, pertanto, è correlata allo svolgimento delle “operazioni elettorali”.

Per ogni altra fattispecie è necessario fare ricorso ai criteri ordinari di riparto della giurisdizione.

Invero, ha ricordato il Supremo Consesso, la giurisdizione è ripartita tra il giudice amministrativo e il giudice ordinario in base alla situazione giuridica soggettiva azionata: la controversia appartiene alla giurisdizione dell’uno o dell’altro giudice per la natura, di diritto soggettivo o di interesse legittimo, della situazione sostanziale di cui è titolare chi propone domanda in giudizio.

Per valutare la ricorrenza di un diritto soggetto o di un interesse legittimo non rileva la prospettazione della situazione giuridica soggettiva fatta dalla parte che propone la domanda in giudizio, ma l’effettiva natura di siffatta situazione soggettiva ovvero la sua reale consistenza di diritto soggettivo o interesse legittimo, quale emerge dai fatti allegati che danno luogo al rapporto giuridico dedotto in giudizio; il criterio di riparto della giurisdizione è, per questo, comunemente individuato nel c.d. petitum sostanziale.

Non v’è dubbio che la situazione giuridica soggettiva primigenia, espressione di una posizione attiva meritevole di tutela per l’ordinamento, è il diritto soggettivo; se in relazione con l’azione della Pubblica amministrazione assume, però, consistenza di interesse legittimo.

La giurisprudenza ha reiteratamente precisato che sono devolute al giudice ordinario le controversie concernenti l’ineleggibilità, la decadenza e l’incompatibilità in quanto volte alla tutela di un diritto soggettivo perfetto inerente all’elettorato passivo e che la giurisdizione non incontra limitazione o deroghe per il caso in cui la questione di eleggibilità venga introdotta mediante impugnazione del provvedimento, perché in tali ipotesi la decisione verte non sull’annullamento dell’atto amministrativo, bensì sul diritto soggettivo perfetto inerente all’elettorato attivo o passivo.

La precisazione per la quale le modalità con le quali è introdotto il giudizio non incidono sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo è, così, risultata decisiva nel giudizio sottoposto al Consiglio di Stato: la controversia è stata introdotta, infatti, dinanzi al giudice amministrativo nelle forme dell’azione impugnatoria della delibera consiliare che ha dichiarato il subentro della controinteressata nella carica di consigliere comunale, pretermettendo la ricorrente, neppure nominata nella stessa.

Cionondimeno, la situazione giuridica fatta valere in giudizio ha la consistenza del diritto soggettivo per essere richiesto al giudice di valutare se la ricorrente poteva essere nominata, id est aveva la capacità di essere nominata, consigliere comunale ovvero si trovava in una condizione di incompatibilità (per aver precedentemente assunto la carica di assessore comunale).

Ritenere, come ha fatto l’appellante, che la giurisdizione sulla controversia sia del giudice amministrativo poiché è stata proposta domanda di annullamento di un atto amministrativo per violazione di legge e per eccesso di potere, significherebbe, in definitiva, mettere in discussione lo stesso criterio di riparto del petitum sostanziale a favore del diverso criterio del petitum formale, che dà rilievo al “tipo di provvedimento” richiesto al giudice adito; criterio da tempo abbandonato dalla giurisprudenza.

La controversia, insomma, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario per avere ad oggetto una situazione giuridica di diritto soggettivo; dall’applicazione dei criteri di riparto della giurisdizione come in precedenza descritti discende che il giudice amministrativo potrà conoscere del provvedimento di nomina di un consigliere comunale solo se la domanda sia proposta da un terzo la cui capacità elettorale non risulta immediatamente coinvolta dall’attività dell’organo deliberativo, così che di essa possa dirsi che costituisce l’oggetto stesso del giudizio.

Rodolfo Murra

(11 febbraio 2019)

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