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Consiglio di Stato

Gare: niente falso innocuo nelle dichiarazioni presentate per la partecipazione

Secondo il Consiglio di Stato se una dichiarazione é inaffidabile é di per se stessa lesiva degli interessi pubblici.

Il Reparto tecnico logistico amministrativo degli Istituti di istruzione della Guardia di Finanza indiceva una gara europea a procedura aperta per l’appalto di servizi di pulizia ed igiene ambientale degli immobili presso le caserme amministrate (in Toscana) dal suddetto Reparto, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Presentava domanda di ammissione, tra gli altri, una cooperativa sociale, che risultava poi aggiudicataria.

Tuttavia, poco dopo il Rup, all’esito di un controllo nella banca dati del Casellario giudiziale, constatava l’esistenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti del G.I.P. presso il Tribunale Militare di Napoli in capo all’amministratore unico dell’aggiudicataria, per il reato di allontanamento illecito ex art. 147, comma 2, Cod. pen. mil. pace, commesso nel 1993, precedente che però non era stato indicato nella dichiarazione da questi resa all’atto della partecipazione alla gara.

Per l’effetto, sulla base degli accertamenti di cui all’art. 80 D.L.vo n. 50 del 2016, il Rup disponeva l’esclusione della Cooperativa dalla gara, ai sensi dell’art. 80, commi 5, lett. c) e 6 del citato Codice dei contratti.

Con successivo provvedimento il Comandante del Reparto approvava il verbale del Rup e comunicava alla cooperativa  l’esclusione dalla gara di appalto.

Avverso il provvedimento di esclusione quest’ultima proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Toscana, lamentando un difetto di motivazione e l’inidoneità della condanna, risalente nel tempo e relativa ad un reato di modesta entità (per di più inflitta con il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale) a determinare l’esclusione dalla procedura.

La dichiarazione contestata, inoltre, avrebbe al più integrato un “falso innocuo” ai fini del giudizio di affidabilità del concorrente, avendo ad oggetto un reato ormai estinto per decorso del termine ex art. 445, comma 2, Cod. proc. pen.

Con sentenza del luglio 2018 il giudice adito respingeva il ricorso, sul presupposto che il provvedimento impugnato fosse adeguatamente motivato e che, comunque, la tesi del “falso innocuo” non potesse trovare applicazione nella materia degli appalti pubblici.

Avverso tale decisione la cooperativa sociale ha notificato appello, riproponendo la teoria del falso innocuo contestando che la tesi in questione non possa trovare applicazione nella materia degli appalti, laddove l’operatore economico sia comunque in possesso di tutti i requisiti sostanziali richiesti dalla lex specialis; invero, rilevava l’appellante, sul presupposto che di falso innocuo possa parlarsi quando non incida neppure minimamente sugli interessi tutelati, la partecipazione alla gara dovrebbe essere impedita solo all’operatore economico in capo al quale difettino “realmente” i requisiti di ordine generale previsti per legge e non anche quando la dichiarazione, pur non veritiera o incompleta, non sia idonea a modificare gli esiti della gara.

Con sentenza n. 1527 del 5 marzo 2019, il Consiglio di Stato (V Sezione) ha rigettato l’impugnativa.

Il Collegio ha infatti confermato il principio – già recepito dal primo giudice – della inapplicabilità degli istituti, di derivazione penalistica, del falso innocuo e del falso inutile nelle procedure ad evidenza pubblica, atteso che in tale contesto la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire poiché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell’Amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla selezione.

Pertanto, una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell’elemento soggettivo sottostante, è falsa o incompleta, deve ritenersi di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare.

Il Collegio ha avuto modo di precisare, inoltre, che si ha falso innocuo, od inutile (e, quindi, una concreta manifestazione di un “reato impossibile “ per inesistenza dell’oggetto od inidoneità dell’azione ex art. 49 comma 2 Cod. pen.) quando – secondo un giudizio da svolgersi ex ante – non v’era alcuna possibilità di offendere l’interesse protetto (es: il notaio che attesta il falso su un elemento distonico ed inconferente con l’oggetto dell’atto che roga; il falsario che falsifica una banconota in modo così grossolano da non potere trarre in inganno neppure un minore, etc.); nel caso di specie, però, non è dato rilevare una tale evidenza, atteso che nulla consente obiettivamente di escludere che l’aver omesso di indicare (per di più ad una stazione appaltante militare) il precedente di cui trattasi avrebbe potuto avere l’effetto di far preferire l’appellante rispetto ad altro aspirante.

Rodolfo Murra

(6 marzo 2019)

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