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Edilizia residenziale pubblica

Lo stato di necessità non legittima l'occupazione abusiva di un alloggio

Neanche il c.d. "diritto alla casa" autorizza l'indebito impossessamento di un immobile. La sentenza del TAR Lazio del 20.3.2015.

Con una interessante decisione, depositata il 20 marzo 2015, la Sezione Terza Quater del T.A.R. Lazio ha deciso la controversia che opponeva un cittadino - che aveva occupato abusivamente un alloggio di edilizia residenziale pubblica - a Roma Capitale. In particolare, il ricorrente, nel 2013, aveva impugnato la determinazione dirigenziale del 9 maggio dello stesso anno - con la quale gli era stato ordinato lo sgombero dell’alloggio di proprietà pubblica, di cui aveva preso possesso indebitamente - deducendo una serie di profili di censura.

Per la precisione, secondo il ricorrente: sussistevano tutti i requisiti previsti dall’art. 11 della legge Regionale Lazio, n. 12 del 6 agosto 1999; a suo parere, la legge affiderebbe la competenza di questi provvedimenti al sindaco e/o al presidente del Municipio, e non in capo al dirigente del Dipartimento Patrimonio e Casa. Inoltre, sempre secondo il ricorrente, sussisteva lo stato di necessità derivante dall’emergenza abitativa; la misura sanzionatoria regionale (che esclude, in ogni caso, gli occupanti abusivi dall’assegnazione degli alloggi di edilizi residenziale pubblica) doveva essere dichiarata inapplicabile per il principio di specialità di cui al 2° comma dell’art. 9 della legge 689/1981. Oltre a ciò, secondo la difesa del ricorrente, quest’ultimo aveva occupato l’immobile per averlo trovato libero da persone e cose ed in stato di abbandono, contribuendo a propria cura e spese al suo recupero. Per di più, si legge nel ricorso, l’interessato aveva presentato richiesta di sanatoria.

Secondo l'occupazioni abusivo, inoltre, le amministrazioni pubbliche hanno l’onere, l’obbligo e la responsabilità di favorire l’accesso all’abitazione dei cittadini, collegato al dovere di provvedere alla manutenzione ed all’assegnazione delle stesse, “per evitare situazioni di grave emarginazione e disagio”. Infine, a parere del ricorrente, l’abitazione deve considerarsi “una componente essenziale dei diritti fondamentali riconosciuti ad ogni individuo per consentirgli la partecipazione piena alla società”. 

Con sentenza decisa nella Camera di Consiglio del 18 febbraio, depositata il successivo 20 marzo 2015, n. 4407  il TAR Lazio, Sezione Terza Quater, ha respinto il ricorso premettendo che, nel caso in esame, non vi era contestazione tra le parti in ordine alla circostanza che il ricorrente avesse occupato senza titolo l’alloggio in questione, deliberava di respingere le richieste del richiedente stesso.

In particolare, in primo luogo il Giudice capitolino ha sottolineato come l’atto impugnato rientrasse sicuramente nella competenza del dirigente che aveva adottato il provvedimento di sgombero, tenuto conto che -secondo l’articolo 107 del d. lgs. N. 267 del 2000- negli enti locali vige il principio generale di separazione tra i poteri di indirizzo e controllo politico-amministrativo (spettanti agli organi di governo) e quelli di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica (di pertinenza dei dirigenti).

Inoltre, secondo il Collegio, non assume alcuna rilevanza la circostanza che la predetta occupazione sia stata dettata da uno stato di necessità indotto dall’emergenza abitativa del proprio nucleo familiare, atteso che lo stato di necessità non è pacificamente idoneo a legittimare la sua presenza nell’immobile di cui trattasi”. Infatti, sostiene la Sezione Terza Quater del TAR Lazio che esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale nella materia secondo cui le risposte date dall’ordinamento agli stati di bisogno abitativo anche grave consistono nell’attivazione dei servizi preordinati a fornire aiuto alle fasce meno abbienti, che possono concretarsi in sussidi economici, nella temporanea ospitalità presso strutture convenzionate o nell’assegnazione in deroga di alloggi di edilizia economica e popolare”.

Tuttavia, secondo la citata sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio, i soggetti che ritengano di essere stati illegittimamente esclusi dalla fruizione degli interventi pubblici, hanno il diritto di “adire le vie giurisdizionali”, ma gli stessi non sono legittimati in alcun modo “a ricorrere a forme illecite di autotutela quale è effettivamente l’occupazione abusiva di immobili pubblici, qualunque sia lo stato di bisogno o di necessità in cui questi versino".

Secondo il T.A.R. del Lazio, nella sua sentenza depositata il 20 marzo u.s., “lo stato di necessità” invocato per contestare la legittimità del provvedimento impugnato può operare quale scriminante specifica rispetto alla comminatoria di eventuali misure sanzionatorie, ma non può essere, invece, utilmente invocato al precipuo fine di contrastare i provvedimenti che pacificamente non hanno alcuna finalità sanzionatoria concretizzando ed integrando esclusivamente l’esercizio del potere di autotutela spettante all’amministrazione pubblica”. In parole povere, significa che “lo stato di necessità” potrebbe essere richiamato per evitare una eventuale condanna in sede penale, ad esempio, ma non per legittimare un’occupazione abusiva.

Da ultimo, il Giudice Ammnistrativo laziale, ha rilevato che, per quanto attiene al richiamo all’art. 11 della legge 881/1977, il diritto alla casa che dalla predetta norma si vuole fare derivare non legittima comunque sotto alcun profilo l’occupazione senza titolo di un alloggio di edilizia residenziale pubblica”. 

Moreno Morando

(22 marzo 2015)

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