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Giustizia Amministrativa

Elezioni: il Consiglio di Stato torna sulle integrazioni documentali ed indica un limite invalicabile

Va rispettato il termine del ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione. Il principio sancito dalla Terza Sezione nella sentenza del 23.5.2016 n. 2126.

 "Ce simme sfasteriati" è questo il nome della lista esclusa a Napoli dalla Tornata elettorale del 5 giugno p.v. indicato nella sentenza del Consiglio di Stato depositata oggi, il cui nome - che dal dialetto napoletano potrebbe indicare coloro che si sono sostanzialmente stancati, infastiditi - visto l'esito del contenzioso elettorale, sembra rendere ancor più pregnante quello stato d'animo insofferente per chi ha definitivamente visto svanire la possibilità di competere alle prossime elezioni.

La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha, infatti, rigettato l'appello con una sentenza - la n. 2126 del 23 maggio 2016 - con la quale i giudici di Palazzo Spada non si sono limitati a confermare le statuizioni contenute nella sentenza del TAR Campania, che non ha annullato il verbale di ricusazione della lista, ma hanno ritenuto di precisare i limiti al nuovo orientamento da ultimo sancito dal medesimo Consesso (nella sentenza 16 maggio 2016, n. 1979) sulla possibilità di integrazioni documentali ammesse al fine di assicurare la più ampia partecipazione alle elezioni.

Ma veniamo alla vicenda.

 La 11° Sottocommissione elettorale circondariale di Napoli ha deliberato di escludere la lista «Ce simme sfasteriati» dalla tornata elettorale del 5 giugno 2016 per l’elezione diretta del Presidente e del Consiglio della 6° Municipalità del Comune di Napoli, avendo riscontrato che, eccezion fatta per il candidato alla carica di presidente, tutti i candidati presenti nella predetta lista avessero reso, all’interno della dichiarazione di accettazione, una dichiarazione di insussistenza di cause di incandidabilità erroneamente riferita ad una disposizione abrogata.

Il TAR Campania respingeva il ricorso proposto dal rappresentante e delegato alla presentazione della lista e gli altri candidati della lista medesima contro il verbale di ricusazione.

Il Tribunale in primo grado ha ritenuto che:

a) le dichiarazioni fossero incomplete e non meramente irregolari, in relazione ad un requisito essenziale;

b) tale mancanza non potesse essere supplita dalla separata dichiarazione sostitutiva dei ricorrenti sulla insussistenza a proprio carico di rinvii a giudizio, condanne penali o provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, poiché essa non è stata autenticata da uno dei soggetti indicati dall’art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, come previsto dalla normativa in materia elettorale;

c) correttamente la Sottocommissione elettorale avrebbe ritenuto di non poter esercitare il potere di soccorso, ammesso per sanare delle mere irregolarità, non anche per integrare dichiarazioni carenti dei requisiti essenziali previsti dalla legge;

d) a fronte di un generale obbligo di diligenza e in presenza di un quadro di circostanze di fatto tale da non comportare alcun legittimo affidamento degli interessati (citazione di normativa risalente nei moduli comunali non aggiornati, correttezza dei moduli scaricati dal sito del Ministero dell’interno, diverso comportamento del candidato presidente, che avrebbe presentato una dichiarazione corretta), sarebbe irrilevante il mancato tempestivo aggiornamento dei moduli scaricabili dal sito internet del Comune e non sarebbe comunque provato che i ricorrenti – così come affermano – abbiano scaricato tali moduli il 20 aprile, ad aggiornamento non ancora avvenuto.

La sentenza di prime cure, come sopra anticipato, è stata confermata dal Consiglio di Stato che ha ritenuto di precisare che gli appellanti non possono avvalersi della recente giurisprudenza della Sezione, che ha assegnato più vasto ambito di operatività alla disposizione dell’art. 33, ultimo comma, del d.P.R. n. 570 del 1960 (cfr. sentenza 16 maggio 2016, n. 1979). 

Si legge espressamente nella motivazione che "E’ decisivo considerare che la maggiore possibilità di integrazione documentale, che la Sezione ha riconosciuto in omaggio all’«interesse pubblico alla più ampia partecipazione alle elezioni ed alla più completa acquisizione documentale (ma senza ledere le esigenze di una ordinata e trasparente amministrazione del procedimento di presentazione delle liste)», trova comunque un limite invalicabile nel rispetto dei tassativi termini di legge"

Poiché, nella vicenda, "gli appellanti hanno provveduto all’integrazione documentale inviando le dichiarazioni di inesistenza di cause di incandidabilità, secondo la nuova disciplina legale, in allegato al ricorso in appello, e questo è stato spedito per la notifica il 12 maggio, è stato superato il termine del ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione (5 giugno), che è quello entro il quale – a norma del citato art. 33, ultimo comma) – la Commissione elettorale, sussistendone i presupposti, può ammettere nuovi documenti".

Segue da ciò, conclude il Consiglio di Stato, l’infondatezza dell’appello e la sua conseguente reiezione, con conferma della sentenza impugnata.

Enrico Michetti

Fonte: Consiglio di Stato

La Direzione

(23 maggio 2016)

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