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CONSIGLIO DI STATO

Gare e requisiti di moralità: valgono anche per i sindaci supplenti?

Una pronuncia resa con riferimento all'art. 80 del Codice dei contratti (nella versione ante correttivo).

Un primario gruppo di produzione di autoveicoli veniva escluso da due procedure di gara indette da Consip per la stipula di altrettante convenzioni (per la fornitura, da un lato, in acquisto di autoveicoli e dei servizi connessi ed opzionali alle Amministrazioni pubbliche, e, dall’altro, di autoveicoli per la tutela del territorio). L’esclusione è stata disposta per difetto dei requisiti di affidabilità morale (ex art. 80, comma 1, del Codice dei contratti pubblici), a causa di una condanna penale per i reati corruzione attiva per atto contrario ai doveri di ufficio (artt. 321 e 319 Cod. pen.) e corruzione attiva di persona incaricata di pubblico servizio (art. 320 e 321 Cod. pen.) riportata in precedenza da un sindaco supplente della società.

Nella versione applicabile alla fattispecie controversa, antecedente alle modifiche introdotte con il correttivo al Codice dei contratti pubblici, la causa di esclusione prevista dalla disposizione poc’anzi richiamata è riferita, dal comma 3, ai "membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza", ed ai "soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo" i quali abbiano riportato una condanna per delitti in questione.

Il TAR, adito dalla società esclusa, rigettava i ricorsi; le censure di legittimità proposte con i relativi appelli (poi riuniti) erano dirette a sostenere che i requisiti di affidabilità morale non sono applicabili nei confronti dei membri del collegio sindacale, e tanto meno dei sindaci supplenti.

Sulla questione così posta dai motivi di appello il Consiglio di Stato (Quinta Sezione) ha affermato, con sentenza n. 6866 del 3 dicembre 2018, che la causa di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici prevista dall’art. 80, comma 1, D.L.vo n. 50 del 2016 non si applica nei confronti dei sindaci supplenti, per cui le censure della Volkswagen vanno accolte sotto questo assorbente profilo.

La disposizione di legge da cui ha preso le mosse il Giudice di appello per suffragare la conclusione ora affermata è l’art. 2403 del Codice civile. Questa attribuisce al collegio sindacale il seguente compito: "vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento" (comma 1); ed inoltre il compito di esercitare "il controllo contabile nel caso previsto dall’articolo 2409 bis, terzo comma", ovvero in luogo di un revisore esterno, per le società per azioni non tenute alla redazione del bilancio consolidato.

Ulteriore disposizione che viene in rilievo è l’art. 2397 del medesimo Codice, relativa alla composizione del collegio sindacale. Essa prevede che l’organo di controllo "si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci" (comma 1, primo periodo); e che "devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti" (secondo periodo).

L’art. 2401 del Codice stabilisce inoltre che questi ultimi "subentrano" ai titolari in caso di "morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco" e che gli stessi supplenti "restano in carica fino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l’integrazione del collegio".

Così delineata, sulla base della ricognizione normativa ora svolta, la natura, la composizione del collegio sindacale e le relative modalità di funzionamento, da essa può evincersi, con specifico riguardo ai supplenti, che questi ultimi non operano nell’organo incaricato del controllo di legittimità degli atti societari, ed eventualmente della revisione contabile, se non al ricorrere di una delle cause di cessazione dalla carica previste dall’art. 2401 Cod. civ. sopra citato ,che abbia riguardato un membro titolare, e per il tempo strettamente necessario a ricomporre la pluralità dell’organo.

Per contro, dall’impianto della norme del Codice dei contratti pubblici sui requisiti di partecipazione alle relative procedure di affidamento si deve ritenere che la causa di esclusione degli operatori economici per condanne penali incidenti sulla moralità professionale, nel caso di società di capitali, si indirizza ai componenti degli organi di quest’ultima che, al di là di un’investitura formale ed a prescindere dai meccanismi di funzionamento tipici del modello corporativo cui il tipo societario in questione è improntato, abbiano in concreto esercitato all’interno di esse le funzioni elencate dal citato art. 80, comma 3, D.L.vo n. 50 del 2016 e dalla sovraordinata disposizione di cui all’art. 57 della direttiva 2014/24/UE (che ha ispirato la norma nazionale).

Solo in questo caso può infatti ritenersi integrato il presupposto del “contagio” alla persona giuridica della causa di inaffidabilità morale dalla persona fisica condannata per precedenti penali ostativi.

In difetto di questo imprescindibile presupposto l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici verrebbe correlato ad una responsabilità di posizione della società. Si determinerebbe perciò un avanzamento eccessivo della soglia di prevenzione dall’affidamento di contratti pubblici, cui i motivi di esclusione ex art. 80 D.L.vo n. 50 del 2016 sono preordinati, anche rispetto a situazioni nelle quali l’operatore economico è estraneo ai fatti di reato per i quali la persona fisica in esso operante ha riportato una condanna, e dunque alla causa di inaffidabilità morale da quest’ultima derivante, senza che tale impedimento alla partecipazione alla gara sia assistito da un’effettiva esigenza sostanziale dell’Amministrazione.

Rodolfo Murra

(4 dicembre 2018)

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