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Sanità e danno erariale

Usl di Padova: 1 milione di euro in fumo per affitti non riscossi

Nel rimpallo di responsabilità, nessun colpevole. La responsabilità "diffusa" in una burocrazia inefficiente e caotica ascritta dalla Procura in capo ai manager sanitari non e' bastata alla Corte dei Conti per la loro condanna.

Nel rimpallo di responsabilità nessun colpevole.

Le vicende più gravi di inefficienza della pubblica amministrazione sono sempre quelle più complesse da ricostruire. E così, quasi sempre, si assiste al gioco dello scarica barile dove tutti sono colpevoli e nessuno lo è.

È successo a Padova dove la fuga di responsabilità ha dell’inverosimile, soprattutto se si consideri che alla resa dei conti tutti i soggetti imputati per danno erariale ne sono usciti (per adesso) indenni.

La Corte dei Conti, sezione Veneto, con sentenza n. 159/2014 del 28 agosto, ha dovuto dichiarare nulla la citazione della procura in quanto questa non è stata in grado di individuare e ripartire con precisione le responsabilità relativa alla ipotesi di “danno  patrimoniale  nella  forma  del  cd.  danno  da  ammanco di  cassa  ingiustificato”.

Il presunto buco della Usl 16 di Padova si aggirava intorno al milione di euro a fronte, dice la procura, “della mancata assunzione, da parte dei vari esponenti dell’ente indicato, di iniziative di reazione, per la tutela delle pretese creditorie, a fronte dei reiterati inadempimenti degli obblighi incombenti sul soggetto concessionario”.

Tutto nasceva da alcune notizia apprese dalla stampa locale e da una denuncia anonima con riferimento alla mancata riscossione di canoni per la concessione in uso di alcune locali della azienda sanitaria alla società Coges s.r.l. la quale gestiva il Bar e l’edicola dell’ospedale Sant’Antonio di Padova ed il bar del complesso Socio – Sanitario “ai Colli”.

Le indagini della procura hanno coinvolto varie strutture amministrative e, in particolare, sei dirigenti dell’Usl 16 di Padova (dall’ex dirigente dell’Area Finanza all’ex direttore del Dipartimento per la gestione dei servizi) accusati di inerzia di fronte ai mancati pagamenti.

In   particolare,   dall’indagine   svolta   dalla   Direzione   Attività   Ispettiva   e   Vigilanza   del   Settore Socio   -­   Sanitario   del   Consiglio   Regionale   del   Veneto,   risultava   il   pagamento   regolare delle sole  fatture  emesse  fino  al  2004,  il  pagamento  parziale  di  quelle  emesse  nel  2005  e  la  totale mancanza  di  pagamenti  dal  2006  fino  al  fallimento  della  ditta nel 2010.

Crediti che lievitavano di anno in anno, mentre i vertici degli uffici non si attivavano efficacemente per la procedura di riscossione coattiva, la risoluzione immediata del contratto e una tempestiva richiesta di risarcimento danni.

Come emerso dall’istruttoria la Coges s.r.l. non pagava e nessuno è stato in grado di imporsi.

Chi per mancanza di competenza, chi riparandosi dietro il congedo per maternità, chi perché in quel momento si trovava in ferie.

Come sosteneva la procura "una  situazione di   burocratica   inefficienza   che   è   all’origine   dell’inerzia   che,   oggettivamente,   ha   determinato l’ingente  danno  erariale  nella  vicenda  in  esame.  Proprio  questa  inerzia,  che  è  resa  evidente dal   rimpallo   di   responsabilità   rilevabile   nelle   deduzioni   e   nelle   audizioni   dei   soggetti destinatari   dell’invito   a   dedurre,   ha   impedito   l’avvio   delle   iniziative   necessarie   da   parte dell’amministrazione   al   fine   della   risoluzione   contrattuale   per   inadempimento   della   ditta Coges  S.r.l."

Il danno, dice in conclusione il giudice, tuttavia non è risarcibile.

Manca una precisa contestazione ai singoli imputati, le singole condotte sono solo genericamente rappresentate: “non è esattamente individuata, per ciascuno dei convenuti la specifica condotta asseritamente negligente causativa del danno

Come ha contribuito ciascuno nel danno? Dov’è l’analisi dei singoli compartamenti in relazione alle diverse funzioni attribuite?

In poche parole dice il giudice vi è una “responsabilità diffusa”, nel contesto di una “situazione di burocrazia inefficiente che è all’origine dell’inerzia che oggettvamente ha determinato l’ingente danno erariale”.

Nel corso del processo molte le prove emerse ma mai individuati con precisione i singoli responsabili.

Difficile a credersi che in questa vicenda a fronte di un danno per lo Stato superiore a 1.000.000 di €, non si sia giunti ad individuare condotte colpevoli. Il tutto in ragione del principio della “personalità della responsabilità contabile” dove o si punta il dito sui responsabili con ipotesi di colpevolezza precise e individuali o si rischia, come in questo caso, un grande buco nell’acqua.

La procura è ancora in tempo per appellare la sentenza, tuttavia un grande interrogativo si porrá nel caso in cui l'esito del giudizio dovesse essere negativo. Chi paga?

Luca Tosto

(2 settembre 2014)

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