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Danno all'immagine e all'erario

Funzionario del Fisco: si arricchisce con la merce dei cinesi, licenziato e condannato per danno erariale

La Corte dei Conti ha affermano la responsabilità di un dipendente dell'Agenzia delle Entrate.

Il danno all’immagine c’è ma non ha assunto i caratteri di gravità individuati dalla Procura erariale. La Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Sardegna (sentenza n. 173 del 2 settembre 2014), ha affermato la responsabilità contabile di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Cagliari. 

Quest’ultimo era stato condannato in sede penale, per concussione (art. 317 c.p) ed accesso abusivo al sistema informatico (art. 615 ter c.p.) dell’Anagrafe tributaria alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed all’interdizione dai pubblici uffici per un identico periodo. Il dipendente abusando della sua qualità e dei suoi poteri, costringeva un cittadino cinese titolare di una S.r.l. a consegnargli svariata merce detenuta per la vendita (abbigliamento ma anche attrezzi per il bricolage) e somme di denaro per importo pari ad euro 23.450,00. Tutto iniziò dopo averlo convocato nel suo ufficio ed avergli chiesto alcuni documenti relativi alla sua attività commerciale, prima facendogli capire in modo velato che poteva rendergli la vita tranquilla, poi davanti ai primi rifiuti di pagare, minacciando di procurare danni alla sua attività. 

Il danno all’immagine di cui la Procura chiede il ristoro si sarebbe realizzato in ragione delle notizie comparse sulla stampa circa l’illecito commesso dal funzionario; notizie che, a loro volta, avrebbero ingenerato nei cittadini un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni. Ciò ha portato a quantificare il danno (secondo il comma 1 sexies dell’art. 1 della L. n. 20/1994, introdotto dall’art.1 comma 62^ della L. n. 190/2012) per il doppio della somma di denaro illecitamente percepita dal dipendente. 

Delle censure mosse dal funzionario, i giudici contabili hanno ritenuto fondata solo l’eccezione relativa ai criteri di quantificazione del danno all’immagine. Hanno affermato che occorre far “ricorso ai criteri adottati dalla giurisprudenza contabile, per determinare l’entità del clamor fori, tra i quali vanno principalmente annoverati: la funzione rivestita dal convenuto in seno all’Amministrazione di appartenenza; l’ammontare  della somma oggetto di concussione; la sussistenza di uno strascico di ricorsi amministrativi o giurisdizionali contro eventuali provvedimenti sanzionatori; le eventuali spese sostenute dall’Amministrazione per il ripristino della funzione lesa dall’atto delittuoso (Sez. I Appello, n. 976/2013 e n. 494/2010; Sez. II Appello, n. 461/2010; Sez. III Appello, n. 132/2011). Peraltro, solo per tale ultima ipotesi di danno all’immagine, il risarcimento può essere puntualmente quantificato (ad esempio, nella misura delle spese sostenute dall’Amministrazione per un’inserzione pubblicitaria di rettifica di una notizia infondata), mentre negli altri casi esso è soggetto ad una necessaria valutazione equitativa.” 

Per i giudici sardi pertanto il danno all’immagine così come quantificato dalla Procura contabile deve essere riquantificato. La propagazione sociale del fatto illecito è stata limitata. L’Amministrazione ha immediatamente sanzionato il convenuto col licenziamento (avvenuto sedici giorni dopo il suo arresto), dandone tempestiva comunicazione alla stampa e limitando così gli effetti della negativa risonanza sociale che l’episodio delittuoso aveva sollevato. Inoltre “la posizione funzionale del convenuto, non ha infierito sulla risonanza sociale, in quanto egli ha agito nell’ambito di un limitato segmento di competenza ed anzi travalicando i limiti stessi delle sue funzioni, giacché è riuscito a perpetrare il reato concussivo con l’ausilio dell’accesso abusivo agli strumenti informatici in dotazione all’Amministrazione finanziaria: sicché è stato scongiurato il sopravvenire del convincimento sociale che episodi criminosi di tale fatta fossero radicati o trovassero copertura negli alti vertici burocratici dell’apparato amministrativo”. 

Per queste considerazioni, in via equitativa, il danno all’immagine è stato quantificato in € 12.425,00 (più spese processuali). Il funzionario paga ancora!

Gianmarco Sadutto

(5 settembre 2014)

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